RomaIl tasso di disoccupazione in Italia ha raggiunto un nuovo record negativo. A febbraio ha toccato il 13%, il livello più elevato da quando è iniziata la rilevazione nel lontano 1977. Gli italiani alla ricerca di un lavoro sono 3,3 milioni, il 9% in più rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Sono in 22 milioni e 216mila quelli, invece, che hanno un'occupazione: 39mila in meno rispetto a gennaio, ma 365mila rispetto a un anno fa. In dodici mesi, quindi, hanno perso il lavoro mille italiani al giorno. E il tasso di occupazione è sceso al 55,2%, lo stesso livello del 2000. In pratica, negli ultimi anni sono stati annullati (anche a causa delle scelte poco oculate della legge Fornero) i benefici effetti della legge Biagi.
Per il premier Matteo Renzi, ieri in visita a Londra dal suo omologo David Cameron, si tratta di un «dato sconvolgente». Il presidente del Consiglio ha ribadito l'auspicio di abbattere il tasso di disoccupazione sotto il 10% «entro il 2018». Per realizzare questo proposito il sistema dovrebbe produrre 780mila nuovi posti di lavoro: più del doppio di quelli persi in dodici mesi. Ne ha approfittato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, per difendere il Jobs Act dagli attacchi della Cgil. «Occorre consentire alle imprese di ricorrere immediatamente a questa tipologia di contratti», ha detto.
Ma proprio in questi giorni l'ex sindaco di Firenze sta imparando quanto sia difficile pianificare misure per il rilancio in un contesto poco amichevole (se non ostile) come quello europeo. E l'ha capito pure il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan.
L'accoglienza dell'Ecofin non è stata calorosa. Il presidente dell'Eurogruppo, l'olandese Jeroen Dijsselbloem, ha infatti raccomandato all'Italia «di attenersi agli accordi di bilancio e di fare le riforme». In estrema sintesi, tanto per il nostro Paese (che ha i conti in regola) quanto per la Francia (che ha sfondato ancora una volta il tetto del deficit/Pil al 3%) non ci sarà nessuna indulgenza. Padoan ha capito l'antifona e ha espresso le proprie rimostranze. «Essere in procedura di deficit eccessivo non aiuta le politiche di crescita», ha commentato.
Per altro, i piani del governo non si fondano - almeno sulla carta - sul lassismo finanziario. Renzi in un'intervista a Ballarò ha rimarcato che le coperture per il taglio delle tasse che porterà 80 euro in busta paga ai redditi inferiori ai 25mila euro annui «sono più del doppio di quelle che servirebbero». Tra due settimane, dopo l'approvazione del Def, arriverà il decreto. Analogamente, «il taglio del 10% dell'Irap non determinerà un aumento di tassazione, ma pareggerà l'intervento sulle rendite finanziarie». Padoan, invece, ha rimarcato che il decreto sul rientro dei capitali (voluntary disclosure) «non sarà un condono perché non riguarda le aliquote, ma solo un alleggerimento delle sanzioni».
Eppure per gli analisti di Mediobanca Securities la «Renzinomics» - senza l'ok dell'Ue al raggiungimento del tetto del 3% di deficit/Pil (dall'attuale 2,6%) - rischia di restare senza 7 miliardi di euro per finanziare gli interventi nel 2015. E se il buongiorno si vede dal mattino, a Bruxelles non c'è tanta voglia di allargare i cordoni della borsa.
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