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Disoccupazione giù al 7,4%. Mai così bene dal 2009

La frenata del Pil sembra già un incidente di percorso. Ora siamo più vicini alla media europea

Disoccupazione giù al 7,4%. Mai così bene dal 2009

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Il mercato del lavoro italiano ha segnato nuovi record. Ieri l'Istat ha pubblicato nuovamente dati positivi dopo aver creato qualche timore lunedì scorso con la flessione del Pil nel secondo trimestre. Occorre precisare che l'occupazione è un indicatore lagging, cioè la sua evoluzione è successiva rispetto alla crescita economica. Tuttavia si può conservare un po' di ottimismo perché le dinamiche occupazionali sono state positive anche quando nel secondo semestre 2022 si è assistito un rallentamento del prodotto interno lordo. L'ultima fotografia scattata dall'Istat ha evidenziato a giugno un tasso di disoccupazione in calo di 0,2 punti rispetto al mese precedente, attestandosi così al 7,4%. Per trovare una percentuale analoga bisogna risalire nelle serie storiche di ben 14 anni fino all'aprile del 2009. Il divario con l'Eurozona (6,4%) continua a restringersi. È cresciuta, invece, l'occupazione, con un +0,3% sul mese di maggio che corrisponde a un incremento di 82mila unità, per uomini e donne, in tutte le classi d'età e per i dipendenti. Una lieve flessione, -0,3%, si registra solo tra gli autonomi. Non si può non evidenziare che nei 12 mesi allo scorso giugno il numero di occupati sia aumentato di 385mila unità. Insomma, le politiche del governo non hanno causato effetti negativi sul mercato del lavoro e questo è sicuramente un buon segnale. Il tasso di occupazione è salito così al 61,5%, +0,2 punti, e il numero degli occupati è aumentato a 23,59 milioni. È calato dello 0,3% (-43mila unità) il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni. La flessione ha interessato entrambi i sessi e gli over 24, mentre il dato resta sostanzialmente stabile tra i più giovani. Il tasso di inattività scende quindi al 33,5%, -0,1 punti. Certo, la disoccupazione giovanile, è diminuita a giugno di 0,4 punti al 21,3%, ben lontano dal picco del 33% registrato nel gennaio del 2021 in piena crisi pandemica. L'Italia ha così staccato la Svezia, ferma al 21,8%, che per quanto più piccola è stata sempre un punto di riferimento anche per le politiche di welfare-to-work. L'Italia, però, è ancora troppo distante dalla media dell'area euro (13,8%). Il bonus Neet (un aiuto per 12 mesi pari al 60% della retribuzione lorda), al via da ieri, può essere sicuramente uno strumento utile per incidere sul fenomeno dei giovani che non studiano e non lavorano. È, tuttavia, ancora presto per affermare che il mercato del lavoro italiano non abbia risentito del rallentamento della nostra economia, che ha visto nel secondo trimestre dell'anno il Pil contrarsi dello 0,3%, con una crescita acquisita per il 2023 limata allo 0,8%. Secondo Confcommercio la «contraddizione» tra mercato del lavoro e Pil potrebbe risiedere nel fatto che le imprese, sulla scorta di un primo trimestre particolarmente positivo e di un sentiment a medio termine ancora favorevole, abbiano programmato di espandere i propri livelli occupazionali, soprattutto nei comparti dei servizi, il cui valore aggiunto ha registrato un lieve aumento nel periodo aprile-giugno rispetto al trimestre precedente. Ecco perché il presidente di Assolombarda (la più grande territoriale di Confindustria che riunisce Milano, Lodi e Brianza), Alessandro Spada, ha sottolineato che, per dare nuovo impulso a questi risultati (in particolare a quelli dell'export ancora in crescita), «la messa a terra del Pnrr deve essere la priorità», ha detto Spada, sottolineando che «resta fondamentale monitorare i progetti e garantire la loro messa a terra».

La Lombardia vale 163 miliardi di export e un'importante quota di occupati.

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