E la casta dei 180 ex ci costa oltre 16 milioni l’anno

Il vitalizio è cumulabile e oscilla tra 2 e 6mila euro mensili E non lo mollano: contro il taglio di 300 euro hanno fatto causa

Roma - Sono oltre 180. Hanno il discutibile merito di essersi se­duti anche solo per un giorno sul­lo stesso scranno in cui ha pog­giato i suoi non lievi lombi Fran­co “Batman” Fiorito. Ci costano oltre 16 milioni l’anno per non fa­re nulla. E non vogliono rinuncia­re nemmeno a un euro del loro appannaggio.
Sono gli ex consiglieri regiona­li del Lazio, che per difendere me­glio i loro interessi hanno anche un’associa­zione. Con sede in un ufficio regionale di via del Giorgione, pagato anch’esso dai contri­buenti. A loro spetta un vitalizio, che decorre, dopo aver lasciato la Pisana, dal momento in cui compiono 55 anni. Ma con una piccola de­curtazio­ne possono iniziare a fare i pensiona­ti regionali già dai 50 anni: a quel punto super­festa e vai con l’assegno. Che non è roba da po­co: si va dai 2.231 euro per chi ha frequentato il consiglio regionale solo per pochi mesi ai 3.150 per coloro che hanno ballato per una so­la consiliatura fino ai 5.890 di chi ha alle spalle più di due consiliature. E la prebenda va avan­ti per
tutta la vita: ad esempio Ri­naldo Santini, sindaco dc di Ro­ma dal 1967 al 1969 e presidente del consiglio regionale dal 1973 al 1975, alla bella età di quasi 98 anni prende la pensione da 5.150 euro al mese da ben 32 anni. Fate pure qualche conto. E ci sono an­che una qua­rantina di reversibili­tà a beneficio di mogli di ex consi­glieri scomparsi come Domeni­ca Trita, vedova di Vittorio Sbar­della, detto «lo Squalo».
Tra i pensionati della Pisana ci sono nomi noti, come Piero Badaloni, presidente della Regione Lazio dal 1995 al 2000 e oggi corri­spondente Rai a Madrid. Come il linguista Tullio de Mauro, consigliere regionale dal 1975 al 1980. Come Giulio Maceratini, espo­nente dapprima del Msi e poi di An, che alla pensione da ex consigliere (5.610 euro) as­somma quella da ex deputato (quasi 10mila euro). Già, perché la pensione da consigliere è tranquillamente cumulabile con altre pre­bende. Come Paris Dell’Unto,craxiano di fer­ro (5.150 euro). Come lo psichiatra comuni­sta
Luigi Cancrini (5.780). Come Goffredo Bettini, grande (e grosso) amico di Walter Vel­troni e uomo molto potente nella capitale (3.150 euro). Come Giovanni (detto Gianni) Borgna, assessore veltroniano alla cultura (5.150). Come, naturalmente, Piero Marraz­zo, che però a causa delle sue disavventure (chiamiamole così) non ha raggiunto nem­meno una consiliatura intera e pertanto deve ora accontentarsi di appena 2.530 euro. Già, perché- badate bene- ad ex presidenti e ad ex assessori esterni spetta lo stesso trattamento spettante agli ex consiglieri. Ex voto.
La cosa buffa è che questa «casta» - della quale si diventa ex solo da morti- è refrattaria a ogni taglio, allergica a ogni spending review . O forse semplicemente non sanno l’inglese. L’associazione ex consiglieri del Lazio ha pro­mosso una sorta di
class action dei suoi asso­ciat­i all’Avvocatura regionale contro la decur­tazione di circa 300 euro al mese della pensio­ne provocata dalla riduzione dello stipendio dei parlamentari, a cui l’indennità dei consi­glieri (e di conseguenza la pensione degli ex) era agganciata fino al 2011.

Ora che la Pisana ha sganciato le due «buste paga», gli ex consi­glieri vogliono gli arretrati. E sbandierano una sentenza della Corte dei Conti che dà lo­ro ragione. Il buon senso, quello, dà loro tor­to.

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