Come può un professore, anzi, «il» professore della Bocconi, accettare di avere una pagella economica peggiore di quella di Silvio Berlusconi e del tanto denigrato ex governo di centrodestra? Chiaro che non può. Così Mario Monti prende agli occhi del mondo la più banale e squallida via d'uscita. E al Wall Street Journal dichiara: se ci fosse ancora Berlusconi le cose andrebbero peggio e lo spread sarebbe a 1200. Certo, e se mia nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata un carretto, dice il detto popolare che spiega come con i se e con i ma non si faccia la storia, figuriamoci le politiche economiche.
Invece di attaccarsi a tesi ipotetiche, e in quanto tali indimostrabili, Monti dovrebbe dare conto del suo clamoroso insuccesso, che non è un'ipotesi ma una realtà certificata dalle cifre che misurano i parametri economici. Delle quali non una è migliorativa rispetto all'era Berlusconi. Pil, produzione industriale, entrate fiscali in forte calo, disoccupazione, fallimenti e debito in forte crescita. Monti è riuscito a fare peggio del suo predecessore anche nella media dello spread, nonostante gli ingenti acquisti di titoli di Stato pilotati, direttamente e indirettamente, dalla Banca centrale europea (aiuto che Berlusconi non aveva chiesto). Senza questa droga che lenisce il dolore ma non cura il male, lo spread di Monti sarebbe sì ben oltre i 1200 punti che lui stesso mette, teoricamente, sul conto dell'ex premier.
Non solo Monti conferma la sua arroganza (siamo a poche ore dalla dichiarazione sull'inutilità del Parlamento) ma mostra anche una inedita debolezza. In quella frase sull'ipotetico spread di Berlusconi c'è tanta rabbia e rancore, quasi un odio di classe, quella dei professori, contro la politica che non vuole sottomettersi, lasciare il campo a poteri occulti quanto incapaci.
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