Politica

E i peones sfilano per un quarto d'ora di celebrità

Il rottamatore nella palude: ore di confronto con chi rappresenta solo un pugno di parlamentari

Franco Bruno dell'Api (destra)  e Mario Borghese (Maie)
Franco Bruno dell'Api (destra) e Mario Borghese (Maie)

Una successione estenuante di sigle. Maie-Api, Pli-Psi, Minoranze linguistiche. Api e via elencando. Matteo Renzi entra nel labirinto della politica, quello dei partiti e dei cespugli che dicono, con tutto il rispetto, poco o nulla all'esperto. Figurarsi all'opinione pubblica disorientata e pure irritata dal prolifera di nomi e bandiere.

Le consultazioni del futuro premier seguono un calendario che assomiglia a una gimkana sulla strada, quando ci sono i lavori in corso. Ore 10, Matteo Renzi incontra il Centro democratico, insomma Bruno Tabacci, il più visibile degli invisibili e fin qui la memoria di apparizioni televisive offre qualche ricordo e limita lo smarrimento. Ma è solo l'incipit. Alle 10.20 è il turno di Maie-Api, e le agenzie di stampa si premurano di scrivere il trattino come in certe equazioni che si ricopiano senza fare domande. Alle 10.40 il carosello prosegue con la minoranza linguistica della Val d'Aosta, perché incrociare tutti gli «stranieri» in un colpo solo sarebbe un'offesa per la democrazia di lingua tedesca o francese. Ci vorrebbero le cuffie, la traduzione simultanea. Non si può. L'Italia è prostrata dalla crisi, gli artigiani e gli imprenditori, tartassati dal fisco e vessati dalla burocrazia, si chiedono dove sia il governo ed ecco che il governo è lì. Impelagato con gli zero virgola e gli zero-zero virgola. È il nuovo che avanza, le liturgie sono immutabili. Renzi come Letta come Monti. Come sempre. Alle 11 tocca addirittura a due formazioni fuse col solito trattino in unico soggetto: Psi-Pli. Liberali e socialisti, tradizioni cariche di gloria e storia per un presente incerto. Un quarto d'ora di gloria è riservato pure a loro. Telecamere, dichiarazioni, proclami per il bene del Paese. E la ruota gira. Ore 15: spunta un'altra minidelegazione: Svp-Patt. Che sarà mai questo Patt? Ma come, è il Partito Autonomista Trentino Tirolese, con sede a Trento e testa di ponte nella capitale: il senatore Franco Panizza e il deputato Mauro Ottobre. Ci vuole pazienza. Non tutti si orientano fra gli innumerevoli bonsai dell'orto italiano. Però l'altra metà, la Svp, quella no: La Sudtiroler Volkspartei la conoscono tutti. È la casa madre della minoranza di lingua tedesca che vive a Bolzano e provincia ed è anche una valvola delicata in grado di regolare la pressione di quel pentolone sempre in ebollizione chiamato Sudtirol o Alto Adige, con o senza trattino. E vanta cinque deputati e tre senatori; inoltre è collegata con i due parlamentari del Patt. Uno squadrone, a paragone degli altri fili d'erba.

I giornalisti raccolgono le fosforescenti affermazioni dei minileader. Ecco Franco Bruno, deputato che dev'essere descritto con una formula vera e propria: Maie-Api (Gruppo misto). Oh, finalmente l'abbiamo localizzato: Bruno è un ingegnere, è stato iscritto alla Dc, poi è diventato segretario regionale della Margherita calabrese e nel 2009 ha aderito all'Api di Francesco Rutelli. Nel 2013 però è stato catapultato a Montecitorio come capolista del Centro democratico del Tabacci di cui sopra. Ora è nel misto, che come si intuisce è un fritto assortito. Ma attenzione, non è dentro la componente di Tabacci ma in quella rutelliana. Già che era nel Misto ha mischiato le carte. Un manicomio. E non è finita: che c'entra il Maie? È il Movimento associativo italiani all'estero. La sfilata dei nanetti va avanti per ore. E chi pensa che sia solo folklore, o localismo esasperato, è solo un ingenuo. Bruno Tabacci è chiaro che più chiaro non si può: «Senza il nostro 0,5 il Pd non avrebbe preso il premio di maggioranza». Condizionamenti. Ricatti. Veti. Paralisi. E allora tappeti rossi e salamelecchi per tutti.

Il Paese, quello che fuori stringe i denti e soffre, può attendere.

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