Il risultato più tangibile dell'intemerata di Diego Della Valle all'Infedele non sta tanto nelle repliche stizzite di Sergio Marchionne e di John Elkann, ma nell'impennata del titolo Rcs a Piazza Affari. Le azioni del gruppo che pubblica il Corriere della Sera hanno guadagnato ieri il 22,7% chiudendo a 1,57 euro. Rimbalzo in controtendenza rispetto a un mercato propenso alle vendite.
Sono bastate poche parole magiche in collegamento con Gad Lerner per eccitare gli animi degli operatori. «In quest'ultimo periodo siamo cresciuti e anche molto nel rispetto delle regole», aveva dichiarato Mister Tod's alludendo agli acquisti di titoli effettuati nell'ultimo mese precisando che «in Rcs non sono mai stato tranquillo e contento come ora». Affermazioni in controtendenza rispetto alle critiche rivolte non solo al Lingotto, ma anche al management di Mediobanca, altro socio forte del Corriere.
Ieri la Consob ha voluto vederci chiaro e ha obbligato l'imprenditore calzaturiero a svelare la quota: Della Valle nell'arco di trenta giorni ha portato la sua partecipazione dal 5,4% all'8,695 per cento. Nello stesso periodo Rcs ha triplicato il suo valore passando da 0,53 euro agli 1,57 di ieri. Tanto è bastato perché Borsa Italiana decretasse per la seduta di oggi il divieto di immettere ordini senza limiti di prezzo.
Un dato è certo: questi prezzi non riflettono il reale valore di Rcs alle prese con una maxiperdita semestrale che comporterà l'abbattimento del capitale e ulteriori azioni drastiche. Una patata bollente in mano al nuovo capo Pietro Scott Jovane. Perché allora gli investitori scommettono sul titolo? Chi compra (e sicuramente sono pochi visto che il flottante, cioè le azioni sul mercato, oramai sono meno del 9% del capitale) spera che Della Valle scompagini il patto di sindacato che controlla il 60% circa del gruppo editoriale. Patto che riunisce tutto il salotto buono della finanza italiana: dietro all'asse Fiat-Mediobanca (con il 26% complessivo) ci sono Intesa Sanpaolo, Pirelli, Pesenti, Lucchini e la new entry Unipol (subentrata ai Ligresti in Fonsai).
Certo, la matematica dice che il 60% è la maggioranza assoluta. Tanto più se si considera che il principale azionista, l'imprenditore della sanità Giuseppe Rotelli (ufficialmente al 16,5%), sebbene fuori dal patto, è molto vicino al presidente di Intesa, Giovanni Bazoli, colui che traghettò, con la fattiva collaborazione dell'Avvocato Agnelli, la casa editrice fuori dal pantano dell'Ambrosiano di Roberto Calvi.
C'è un «però». Quell'8,5% sul mercato (una scarsità che fa volare i prezzi a ogni acquisto) potrebbe consentire a Della Valle di sparigliare le carte. Mister Tod's ha tirato la volata sulla scadenza del patto che terminerà il 14 marzo 2014.
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