Milano - Chissà se Napolitano li farà cavalieri. Aldo Bozzi, Claudio Tani e Felice Besostri si presentano in conferenza stampa a raccontare l'eterna storia di Davide e Golia: il Porcellum, che pareva più corazzato di un carro armato, è stato abbattuto dalla piccola fionda maneggiata con destrezza dal pool di avvocati milanesi. Amministrativisti provetti, con storie politiche diverse: Aldo Bozzi, liberaldemocratico, nipote dell'omonimo costituente che nell'83 guidò la bicamerale delle riforme; Claudio Tani, vecchio militante del Pci; Felice Besostri, socialista di sinistra, deputato laburista dei Ds dal '96 al 2001, oggi nel Psi di Riccardo Nencini.
Bozzi racconta lo scoccare della scintilla nella sua testa: «Era il 2006. Nell'esprimere il mio voto al seggio feci fare un'annotazione con cui dicevo che esercitavo il mio dovere civico e tuttavia non condividevo le modalità con cui potevo farlo». Probabilmente fu scambiato per un pedante perditempo, eppure stava già prendendo la mira. «Nel 2008 - aggiunge l'avvocato - ho fatto ricorso al Tar, al consiglio di Stato e al giudice ordinario con procedura d'urgenza». Niente da fare: «Tutte queste azioni sono state rigettate e io sono stato condannato», sfregio nella sconfitta, «a pagare le spese di causa dal giudice ordinario». Un classico del nostro sistema: per molti anni il legale è stato considerato un fastidioso intruso. E non la spia di un malessere. «Ho aspettato un anno - riprende Bozzi che non ha mai mollato la presa - e alla fine del 2009 ho introdotto il giudizio davanti al tribunale di Milano che mi ha dato torto. Ho perso anche l'appello; poi la Corte di Cassazione con una meravigliosa ordinanza ha investito la Corte costituzionale della questione di legittimità del Porcellum» e ha piazzato una bomba a orologeria sotto la legge elettorale. La Consulta ha innescato il timer. Ma quante piccole umiliazioni prima di assaporare una rivincita di cui parla tutta Italia.
Il muro burocratico pareva invalicabile e invece la frana è arrivata. Fragorosa ma non fra le pareti quasi affacciate sulle guglie. Ci tiene a tenere un profilo basso il quasi ottantenne Bozzi: ormai lo studio di Largo Schuster, a due passi dal Duomo e dalla Madonnina, è diventato fra i più famosi se non il più noto d'Italia e gli avvocati sono sommersi da e mail, sms, messaggi. L'Italia, bloccata dal bizantinismo della classe politica, ritrova l'entusiasmo ma lui non si allarga: «Sono felice ma non ho fatto nulla di particolare». Non è proprio così e alla fine Bozzi qualcosa concede: «Noi abbiamo difeso un diritto. Al parlamento non mando alcun messaggio, glielo ha lanciato la Consulta quando parla di rispetto dei limiti posti dalla Costituzione».
Ci pensa Besostri a dare una chiave di lettura. Sorprendente: «Tutti pensano che noi siamo contro i partiti, ma non è vero, noi ci teniamo ai partiti. Solo che i partiti si devono riformare, ci vuole una legge, un condominio è più controllato di un partito». E allora avanti nella battaglia che pareva persa in partenza e invece è vinta: «Adesso partiamo con i ricorsi contro la legge europea: via la soglia d'accesso del 4 per cento che non ci sta bene. E poi c'è un pasticcio - prosegue Besostri - fra i tanti che riguarda le minoranze. La soglia vale per tutti ma non per gli sloveni del Friuli Venezia Giulia, i francesi della Val d'Aosta, i tedeschi dell'Alto Adige. Privilegiati rispetto ad altre minoranze riconosciute dal legislatore». Insomma, lo sbarramento del 4 per cento ha valore per i sardi e i friulani, non per gli slavi di Trieste o Gorizia. Da rompersi la testa. Meglio pensare al presente che è già più che sufficiente. «Il parlamento resta in carica a pieno titolo - precisa Besostri - La tesi della decadenza è terrorismo puro».
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