Roma - Sul palco di Milano, il 17 febbraio scorso, aveva detto: «Bersani ci guiderà alla vittoria». Ma non è stato così. La prima uscita pubblica di Romano Prodi dopo quattro anni di apparente basso profilo si è risolta in un vaticinio inesatto. Eppure, più che l'azzardo profetico, fu la sua posizione di uomo super partes (è il rappresentante Onu per il Sahel) a stridere di più in quell'occasione. Tanto che è stato subito ribattezzato «l'imbucato».
Un «imbucato» particolarmente vivace in questi giorni di vacatio (e non parliamo ovviamente della cattedra di Pietro, anch'essa da oggi vuota). Il 22 febbraio era a Mosca a colloquio privato con Putin. L'inviato Onu per il Sahel era in Russia, tra l'altro, per ritirare una laurea honoris causa; ma nel suo colloquio al Cremlino, come riferiscono i comunicati ufficiali del governo russo, si è parlato della situazione italiana. «Italia e Russia, al di là dei processi politici in corso - si legge nel comunicato congiunto pubblicato sul sito internet del Cremlino - concordano nel continuare a sviluppare le relazioni reciproche, qualche che sia la forza politica al governo».
Con chi stava parlando Vladimir Putin? Con il nostro ministro degli Esteri? Con il segretario del partito di maggioranza relativa? No. Con un rappresentante delle Nazioni Unite da quattro anni impegnato a monitorare una delle aree più martoriate dell'Africa (compresa tra il Sahara e la parte equatoriale del continente nero).
Da Mosca l'attivissimo Prodi è tornato in Italia. Ieri, per esempio, è stato visto dove meno uno se lo aspetterebbe. Vale a dire al pranzo a Villa Taverna (residenza dell'ambasciatore Usa) offerto dal nuovo segretario di Stato di Obama, John Kerry. Un pranzo per parlare di politica italiana cui erano stati invitati alcuni personaggi di spicco come Massimo D'Alema, Giuliano Amato, Gianni Letta, i ministri degli Esteri e degli Affari Ue, Giulio Terzi e Enzo Moavero, e Franco Frattini, candidato italiano alla segreteria Nato. Il pranzo con Kerry è durato due ore e, come fanno sapere dall'ambasciata americana si è parlato soprattutto del risultato elettorale in Italia. E Prodi era lì. Non si sa bene in che veste dal momento che da quattro anni, come ha detto egli stesso durante il comizio a Milano del 17 febbraio scorso, non si occupa attivamente delle questioni italiane.
Eppure i rumors che lo riguardano sono tanti. A iniziare proprio dal Quirinale. È girato molto in questi giorni il nome del professore bolognese quale prossimo inquilino del Colle. Sull'argomento, il diretto interessato glissa con eleganza. Non altrettanto fanno i suoi collaboratori sei i rumors riguardano il suo presunto ruolo di sherpa nei sentieri dei grillini emiliani per conto del suo amico Bersani. Da anni non si sentivano comunicati ufficiali del professore. Eppure ieri è arrivata fulminea la smentita dei suoi più stretti collaboratori.
Una smentita che, però, rafforzerebbe l'ipotesi avanzata da quei maligni che lo vedono in corsa per il Colle. Insomma, almeno al Quirinale non vorrebbe entrare come «imbucato».
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