Ecco le cento tasse che gravano sugli italiani

Addizionali, imposte, ritenute, tasse e tributi: ecco le cento scadenze che gravano sui italiani. Ma i servizi restano scarsi

Sede di Equitalia
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Mentre il governo lavora per cancellare definitivamente l'Imu sulla prima casa, la Cgia di Mestre si è presa la briga di andare a spulciare l'interminabile lista di "pedaggi" obbligati che gli italiani devono pagare ogni anno. L’elenco delle tasse che gravano annualmente sugli italiani annovera un centinaio di voci tra addizionali, imposte, ritenute, tasse e tributi. All'incirca una ogni tre giorni. Per farla breve: si lavora per mantenere il carrozzone pubblico. D'altra parte l'Italia nella top ten della classifica Ocse sul carico fiscale che pesa sul costo del lavoro.

Nonostante il nostro sistema tributario sia così frammentato, il gettito risulta molto concentrato. Come emerge dallo studio pubblicato dagli artigiani di Mestre, gli incassi assicurati dalle prime dieci imposte valgono quasi 58,8 miliardi di euro. A fronte di un ammontare complessivo di oltre 472 miliardi di euro di entrate tributarie, l’incidenza percentuale del gettito prodotto da queste prime dieci voci è pari all’87,5% del totale. Le imposte che pesano maggiormente sulle tasche dei cittadini italiani sono principalmente due: l’Irpef (imposta sui redditi delle persone fisiche) e l’Iva (imposta generale sui consumi). La prima garantisce un gettito nelle casse dello Stato che sfiora i 164 miliardi di euro all’anno, la seconda poco più di 93 miliardi di euro. "Messe assieme queste due imposte incidono per oltre il 54% sul totale delle entrate tributarie", spiegano gli analisti della Cgia. Basta guardare i dati sui consumi che non ripartono nemmeno in seguito alla frenata dell'inflazione. Le vendite di prodotti alimentari sono crollate dall’inizio dell’anno dell’1,8% in quantità e del 3,7% in valore. "L'aumento dell’Iva dal 21 al 22%, scattato il primo ottobre, non farà che rendere tutto più difficile per famiglie e imprese", ha spiegato nei giorni scorsi la Confederazione italiana agricoltori.

Secondo il report della Cgia di Mestre, a gravare maggiormente sui bilanci delle aziende sono l’Irap (imposta regionale sulle attività produttive), che assicura 33,2 miliardi di gettito all’anno, e l’Ires (imposta sul reddito delle società), che consente all’erario di incassare 32,9 miliardi di euro. "Quest’anno - sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - ciascun italiano pagherà mediamente 11.800 euro di imposte, tasse e contributi previdenziali. E in questo conto sono compresi tutti i cittadini, anche i bambini e gli ultra centenari". Tuttavia, il dato disarmante è che gli italiani non usufruiscono di servizi adeguati. Molto spesso, nel momento del bisogno, il cittadino è costretto a rivolgersi al privato, anziché utilizzare il servizio pubblico. Questa situazione si traduce in un concetto molto semplice: spesso siamo costretti a pagare due volte lo stesso servizio. "Gli esempi che si possono fare sono moltissimi - conclude Bortolussi - succede se dobbiamo inviare un pacco, se abbiamo bisogno di un esame medico o di una visita specialistica, di spostarci, ma anche nel momento in cui vogliamo che la giustizia faccia il suo corso in tempi ragionevoli con quelli richiesti da una società moderna".

Nel 2012 la somma di tasse e contributi ha raggiunto il 47,6% del reddito percepito dai lavoratori dipendenti, dodici punti in più rispetto al 35,6% della media dei 34 paesi. Un prelievo più alto si è registrato solo in altri 5 paesi: Belgio, Francia, Germania, Ungheria e Austria. E, secondo le elaborazioni dell’Adnkronos, nel periodo della crisi è aumentato ancora: dal 2007, infatti, si è registrato un incremento di 1,2 punti percentuali del peso degli oneri a carico di lavoratori e imprese sul totale del reddito. Nel dettaglio, le tasse che gravano sulle buste paga dei singoli lavoratori ammontano al 16,1% del reddito, mentre i contributi pagati dai lavoratori pesano per un altro 7,2% e la quota dei datori di lavoro ammonta al 24,3%. Il confronto con la media Ocse dimostra che il prelievo fiscale è di tre punti inferiore (13,1%), mentre i contributi versati dai lavoratori sono di un punto al di sopra del dato italiano (8,2%) e il versamento effettuato dal datore di lavoro è di 10 punti inferiore (14,4%). Un confronto con i paesi più industrializzati dal mondo evidenzia che Francia e Germania sono vicine all’Italia. Nel primo caso il peso di tasse e contributi ammonta al 50,2% del totale, mentre sui lavoratori tedeschi grava un prelievo del 49,7%. Lontano dalla vetta si posizionano, invece, gli altri membri del G7, con la Gran Bretagna che ha un’incidenza sul costo del lavoro del 32,3%, il Giappone subito dietro con il 31,2%, seguiti dal Canada con il 30,8%.

A chiudere il gruppo ci sono gli Stati Uniti, con un peso di tasse e contributi che si ferma al 29,6%, cioè 18 punti inferiore all’Italia. La classifica dei salari lordi fa invece slittare di parecchie posizioni il Belpaese, facendolo fermare alla ventesima fila.

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