Non so se avete mai fatto un comizio. Oppure politica povera. Con la gente che vi sta ad ascoltare, e crede in voi o, se non creda, finge di farlo e vi riscalda il cuore. È un’esperienza umana, psicologica, che ha del fenomenale. Un’esperienza unica. Politics is fun , dicono gli americani che se ne intendono della politica democratica in tutte le salse, dal viaggio in treno dei presidenti dell’Ottocento alle campagne stratecnologiche e miliardarie di oggi. La politica è divertimento. Ci vuole il fuoco nella pancia. È una performance, una recita ambigua in cui devono coincidere verità della cosa e menzogna della messinscena, idee che convincono e spettacolo che divaga, intrattiene, offre una chiave unica, che sa di Shakespeare e di Cervantes, di rappresentazione sacra e piena di sberleffi per la coscienza pubblica. È come se i sogni del Bardo potessero essere condivisi con un popolo virtualmente in armi, pronto a tutto; è come se i mulini a vento fossero lì, a disposizione della nostra fantasia realista. Yes we can , si può fare.
Grillo è un attore annoiato. Una vecchia e simpatica carcassa di attore piena di tedio per lo sbigliettamento, la burocrazia del teatro, il cabaret politico che tutti ridono ma non ci crede nessuno. Dici la qualunque in palcoscenico per rovesciare il mondo? Sì, ma fammi ridere, ché ho pagato l’ingresso.Poi arriva un critico, quando arriva, ed è magari apatico, e ti sottovaluta, o è maligno, e ti fa la pelle. E tu non puoi nemmeno rispondere. E alla fine sì, magari un cavalierato al Quirinale, un ritratto carino che ti incorona, una menzione televisiva che ti lusinga, ma vuoi mettere. Vuoi mettere con la politica. Il palcoscenico è il tuo paese, e un po’ anche il mondo se arriva la Cnn, il giornalista americano, anzi ammericano , e in un botto le tue smorfie, il timbro passionale e facondo che hai sempre espettorato per mestiere diventano voce e timbro di una situazione incandescente in cui sei temuto, riverito, esorcizzato, e mentre tu te la spassi a evitare la tv, la tv non ti evita, anzi ti ingurgita e tutti parlano di te, solo di te, sono tutti in un certo senso per te. Credete a me, che ne ho fatto esperienza, Grillo è una vecchia mascheraannoiata, un genio dell’oratoria assassina, pieno di talento turpiloquente, uno che si è stufato del solito repertorio e cambia spartito, cambia tono, cambia pubblico, cambia identità. Il capopopolo segreto, che procede per post di internet, che raduna una comunità di giovani simpaticamente creduloni, che la spara grossa, sempre più grossa,e muore dal ridere all’idea che gli si faccia quel credito che nello spettacolo era quantificato in pieni e vuoti, successi e flop, ma sempre in criteri commericali di second’ordine rispetto ai criteri esistenziali, assoluti, della lotta politica. In questo Sallusti, il direttore del mio Giornale , ha molte ragioni, quando paragona Grillo a Berlusconi. Anche Berlusconi non ne poteva più di essere Sua Emittenza e Mister Milan, il costruttore di Milano2. Ma via, c’era un mondo da prendersi e lui se lo è preso per così tanti anni. Però Berlusconi aveva creato un impero di denari e di industria, stava nella politica come nella sua foresta, come nel calcio, come dentro l’impresa e la squadra che la dirige, ed ebbe un’intuizione di coraggio: bisognava costruire o ricostruire un mondo che se ne stava andando, messo in fuga dai pm d’assalto e dalla sinistra a caravanserraglio della foto di Vasto d’ antan , di ieri, Occhetto più Orlando. Bisognava contendere il potere a chi lo aveva sempre detenuto nella Repubblica dei partiti, e ora lo aveva perso o lo stava perdendo in mezzo ai fuochi del grande incendio di Mani pulite.Aveva una proposta magari un po’ folle per il Paese, il Cav, e diceva di amarlo, con quel tono seduttivo che ha dato tanta biada ai somari impegnati nella rincorsa del cavallo. E per anni.
Qui le storie si dividono, anche solo ad analizzarne l’origine.Grillo è uno che schiaffeggia i leoni, e ne gode, Berlusconi era un leone marino, e arrivò sulla spiaggia della politica per mangiare tutti gli animali preistorici che la abitavano. Una è la storia di una noia, e basta,che ora si fa vedere a Budrio a Comacchio a Parma con i suoi cotillons e le sue piume di struzzo, un Calvero all’avventura delle luci della ribalta che è con la Lega delusa al nord, con la mafia che non strangola quanto il governo al sud, contro le cooperative in Emilia, l’altra fu storia eminentemente politica, di un re della retorica che agli italiani aveva dato tre reti televisive gratuite e un programma sociale e politico, mica battute.
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