Come se la crisi non bastasse, anche il fisco tira un colpo basso all’industria delle vacanze. Saranno infatti gli albergatori a pagare il conto più salato: mediamente ciascuno di loro sborserà 8.405 euro. Rincari da record che aumentano le preoccupazioni dell’industria turistica, già alle prese con una stagione difficile, e non solo dal punto di vista climatico: quest’anno la crisi tratterrà tra le mura domestiche il 14% degli italiani e anche tra chi andrà in vacanza, uno su quattro ha intenzione di abbreviarne la durata. Se Atene piange, Sparta non ride: anche la grande distribuzione, finora un settore meno colpito di altri dalla crisi, è chiamata a dare il suo contributo all’Imu, con un importo medio annuo pari a 5.930 euro. Non va meglio all’industria, con un prelievo annuo di tutto rispetto: l’ imposta sarà mediamente di 4.725 euro per i capannoni più grandi e attrezzati (categoria catastale D1). Per gli artigiani e i piccoli industriali, il versamento medio sarà di 2.756 euro. Per i liberi professionisti, invece, l’esborso medio sarà di 1.468 euro, mentre per ogni piccolo commerciante o esercente l’imposta si attesterà su un valore medio di 729 euro. Chiudono la classifica i piccolissimi artigiani che subiranno un prelievo medio di 574 euro sui loro laboratori. Un salasso per tutte le attività produttive, insomma. Inoltre, c’è il rischio che allo scadere del contratto di locazione molti proprietari di immobili, per compensare questi maggiori costi, chiederanno un forte aumento del canone. Un pericolo che rischia di mettere sul lastrico soprattutto i piccoli commercianti che, nel 60% dei casi, sono appunto in affitto.
È questa la graduatoria stilata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha calcolato gli effetti dell’applicazione dell’Imu sulle principali categorie economiche presenti nel Paese. L’analisi è stata realizzata utilizzando le rendite catastali medie nazionali e applicando l’aliquota ordinaria del 7,6 per mille. Ricordiamo però che i Comuni potranno diminuirla o aumentarla fino al 10,6 per mille, al momento del saldo finale di dicembre. E molti, per la seconda casa, hanno già deciso l’aumento al livello massimo: ad esempio Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Perugia, Roma, Torino. In questo caso, gli effetti sulle tasche dei liberi professionisti, dei commercianti, degli artigiani, degli imprenditori e degli albergatori saranno pesantissimi. Rispetto all’applicazione dell’aliquota ordinaria infatti, tutte queste attività verranno a pagare - sempre secondo la Cgia - il 39,5% in più. Come dire che l’acconto di giugno è solo un assaggio, in attesa della vera stangata, da servire al pranzo di Natale.
Esattamente l’opposto dell’auspicio del presidente della Cgia, Giuseppe Bortolussi: «In una fase economica in cui i consumi sono in forte contrazione, il credito continua ad essere erogato con il contagocce e le tasse continuano ad aumentare a vista d’occhio auspico che il governo riveda al ribasso le aliquote dell’Imu per le attività produttive, altrimenti corriamo il pericolo che molte piccole aziende chiudano i battenti e finiscano a lavorare in nero. Non dimentichiamo - prosegue Bortolussi - che nella stragrande maggioranza dei casi gli imprenditori pagheranno l’imposta municipale due volte. Una come proprietari di prima casa e l’altra come proprietari di immobili ad uso commerciale o produttivo.
E il 18 giugno incombe come un incubo: oltre alle difficoltà di calcolo emergono indicazioni operative contraddittorie, che trasformano la già pesante tassa in una vera trappola.
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