Elisa, la ragazza delle rimonte: "Ero una tigre, ora mi controllo"

La Di Francisca trionfa nella finale contro la compagna. Errigo d'argento. La Vezzali abdica col bronzo: "Avanti fino a Rio"

Questa è l'Italia fantastica, quella che ti colpisce al cuore, emozione e frenesia, tensione e ammirazione. Vince una, ma hanno vinto in tre. Passeggiando sotto le stelle. Sì, quelle di Londra: ti raccontano che tre ragazze non fanno un trio ma soprattutto un podio. Ti dicono che la nuova regina del fioretto made in Italy, arma da libro della storia, si chiama Elisa, nome dolce aspro, cognome Di Francisca che richiama i miracoli, viene da Jesi e nella testa ha poco da invidiare a Vasco Rossi. Tutt'altro tipo rispetto alla Valentina, signora tutta figlio e famiglia. Elisa è una che ama la moto e qualche sprazzo di vita spericolata. Ce lo ha fatto intendere anche ieri nella corsa all'oro: sempre in rimonta, sempre con l'acqua alla gola, il groppo del “ce la faccio o non ce la faccio”. Ha il fioretto per fidanzato e si lascia certificare come “cavallo pazzo”.
Ma ieri ha scoperto che anche alle sua pazzie c'è un limite. Quanto è bello sentirsi prima in Italia e nel mondo. Non poteva essere altro che un giorno da pazzi. Oro, argento e bronzo nel fioretto, un trio così non capitava da Melbourne ‘56, ma quella volta erano maschi della spada. Cinque medaglie in un giorno sono il segnale che l'Italia dello sport non finisce di stupire. Siamo in vita grama? Bene, non era mai successo di vincerne così tante in una volta sola. «Ma noi siamo questi» parole e musica di Valentina Vezzali, regina che ha perso il trono ma ha fatto centro nel cuore. Accompagnata da un meraiglioso tifo da stadio, ottomila persone che hanno lasciato scrosciare applausi quando la sua classe di seta e la sua volontà di ferro l'hanno condotta all'ultimo rush, al capovolgimento di una storia come ne dipendesse la vita: 4 stoccate in 22 secondi alla coreana Nam per appropriarsi almeno del bronzo, metallo che a lei non è mai piaciuto più di tanto. Ma questa volta non poteva disfarsene. Sembrava la rivincita di Pechino, quando loro due lottavano per l'oro. E anche quella volta Valentina mise a terra l'avversaria con la forza della sua disperata voglia di vincere. Ieri il sogno di diventare la donna più vincete dello sport italiano si è arenato contro Arianna Errigo, la ragazza di Muggiò, che ha rispolverato la grandeur della scuola di Mestre del maestro Di Rosa contro la brigata Jesi (Trillini, Vezzali ed ora Di Francisca).
Arianna e Valentina in tempi recenti si sono scambiate punti di vista non proprio amichevoli. Ma anche Valentina con la Di Francisca. Storie di donne, storie di campionesse. Comprensibili. Arianna e Elisa sono amiche per la pelle, dormono sempre in camera insieme. Eppoi ieri quando si sono trovate all'ultima stoccata dell'ultimo secondo tutto è sparito per qualche attimo. Sul podio Elisa sorrideva, Arianna quasi lacrimava («Ho evitato il sorriso di circostanza sennò avrei pianto per la delusione»). Valentina aveva pianto prima salutando quel pubblico irretito dalla spettacolare rimonta con la coreana, lei invece delusa di aver perso la sua via all'oro. La Errigo ha tirato bene per tutta la serata, all'ultimo si è imbizzarrita davanti all'ostacolo. La vezzali ha gestito la sua olimpiade come una veterana di 38 anni che non vuol mollare nulla a nessuno. Tanto da promettere che ci sarà ancora. «Vorrei dimostare che a 42 anni si può vincere un'Olimpiade». Dunque appuntamento a Rio, quel saluto al pubblico pareva un addio. Invece... Valentina aveva già perso contro la Errigo agli europei. E Arianna quasi non ha creduto ai suoi occhi quando l'ha vista battuta anche stavolta. «Ecco perché mi darei un bell'otto, per dove sono arrivata. Anche se la delusione resta».
Dice Valentina: «Nello sport la sfortuna non esiste, bisogna essere più forti degli avversari». Lo ricorda alle sua ragazze, che poi sono le sue compagne, che le riconoscono il ruolo di capitana solo quando tirano a squadre. Sennò sono botte (agonistiche) senza quartiere. È la forza di questa squadra di donne, il mondo rosa che ti insegna qualcosa. Elisa era partita dall'Italia dicendosi: «Quando sarò lì, al primo assalto mi dirò: questo posto me lo sono meritato». Ora che è arrivata alla fine, che ha assaporato il podio, l'inno cantato a squarciagola, la sorella corsa a baciarla in mezzo alla pedana facendo domandare a tutti: ma chi è quella? Ora che il destino si è compiuto, può esclamare: «Me la sono sudata». Rin corsa dopo rincorsa, rimonta contro rimonta: davanti alla tedesca Golubytskvi, alla giapponese Sugawara, alla coreana Nam e infine con la Errigo. Ha pagato perfino la scelta di non andare a Pechino quattro anni fa. «Sapendo che un giorno sarei andata alle olimpiadi da titolare e non da riserva». Ora, a destino compiuto, Elisa ha scoperto che forse non è sempre domenica. «Ad ogni punto che risucchiavo alle avversarie, mi dicevo: dai che ce la faccio, dai che ci riesco. Ma sapevo che domenica non è sempre domenica. Invece alla fine è stata domenica. Anche se era sabato». Ci sono voluti 29 anni e un po' di vita in libertà. «Vedete - ha ammesso -, sono nata tigre, ma con il tempo ho saputo controllarmi». E i risultati si sono visti. Oggi Elisa è campionessa olimpica dopo essere stata campionessa mondiale. L'Italia non perde le sue regine, semmai trova la gioventù della speranza.

Elisa e Arianna erano le due esordienti, Valentina l'implacabile cannibale del fioretto che si è messa al petto otto medaglie olimpiche.
Ciascuna a modo suo ci ha raccontato che i miracoli dello sport italiano non finiscono mai. E continueranno.

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