Una tempesta in un bicchiere d'acqua. Anzi d'olio. La guerra americana all'extravergine italiano si è rivelata un mezzo bluff. Peccato che - passata la buriana - i danni per uno dei settori vanto del made in Italy agroalimentare possono essere devastanti. E peggiorare una situazione già nera: la Coldiretti ha registrato un crollo del 13 per cento nel 2013 delle esportazione di olio di oliva negli States.
Frutto di truffe, certo. Ma anche di campagne stampa scandalistiche. Come quella del New York Times, che giorni fa ha dedicato all'olio extravergine italiano quindici tavole graficamente molto eleganti ma assai allarmistiche nei contenuti. «Il suicidio dell'extravergine» il titolo della curiosa inchiesta a fumetti che racconta di come la gran parte dell'olio italiano non proverrebbe da olive nostrane ma da Spagna, Tunisia e Marocco. Non solo: l'olio forestiero di bassa qualità verrebbe poi mischiato al beta-carotene per arricchirlo di aromi e alla clorofilla per dargli un colore accattivante. Questo olio taroccato, etichettato come made in Italy, invaderebbe poi il mondo e gli Usa in particolare, dove secondo il quotidiano newyorkese addirittura il 69 per cento dell'olio sarebbe adulterato. L'infografica metterebbe sotto accusa anche i controlli italiani, descritti come inadeguati e inefficaci.
Una vera bomba. Che ha ferito i produttori onesti. «Un insulto all'immagine e alla tipicità dell'olio extravergine italiano», sbraita la Confederazione italiana agricoltori (Cia), «Gli operatori del settore olivicolo condannano con forza campagne di questo tipo che rischiano di penalizzare l'olio italiano nel mondo. Conosciamo l'autorevolezza della testata e ci aspettiamo dunque chiarezza su tematiche delicate come quella in questione», attacca Donato Rossi, presidente dgli olivicoltori di Confagricoltura. E infatti poche ore dopo il NYT si corregge. Senza darlo troppo a vedere, per la verità. Ritocchi delle vignette che ammorbidiscono molto le accuse all'olio extravergine italiano. Scompare pure il riferimento al libro Extraverginità del giornalista americano (ma residente in Italia) Tom Mueller, che era stato il primo a indignarsi contro le «vignette sataniche» del NYT. «Si tratta di immagini spiritose che contengono anche verità, ma soprattutto clamorosi errori e scontano un approccio tendenziosissimo che ignora la qualità e si concentra solo sulle frodi». Ma lo stesso Mueller finisce sotto il mirino delle associazioni di categoria Assitol e Federolio, che rappresentano le circa 200 aziende del settore, con un fatturato di oltre un miliardo di euro. Sotto accusa la presentazione del suo volume avvenuta qualche giorno fa in una sede istituzionale come Montecitorio peraltro senza la presenza di alcun esponente dei produttori. «Un gioco indiscriminato al massacro», le loro parole.
Certo, l'attacco americano all'olio italiano dimostra l'interesse verso il made in Italy a tavola. Ma di fronte a toni così sensazionalistici e a informazioni così parziali viene quasi da pensare che sarebbe meglio un po' di indifferenza.
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