La farsa del comitato di controllo senza poteri

Il "Corecoco" dovrebbe vigilare sui conti ma è inutile: non può fare ispezioni

Roma - Benvenuti alla Regione Lazio, dove il controllore non controlla. Mica perché non voglia, semplicemente perché non può. Prendete il nome: comitato regionale di controllo contabile (sigla vagamente ornitologica, Corecoco). Uno pensa: ecco coloro che hanno chiuso gli occhi davanti ai soggiorni nei resort, alle bottiglie di champagne, alla moltiplicazione degli stipendi e delle ostriche. Come è potuto accadere? «Semplice: perché il comitato è un ente inutile». Inutile? Abbiamo capito bene? «Inutile, inutile. Il comitato si riunisce due volte all'anno per approvare i bilanci preventivi e consuntivi dei vari enti regionali». Appunto, non c'erano anche i conti dei gruppi consiliari? «Ma no, arrivano i bilanci e noi prendiamo atto che siano arrivati in tempo, che ci sia la relazione tecnica, che siano pronti per andare all'esame della commissione». Insomma, fate i passacarte. «Guardi, quando noi ci riuniamo abbiamo sul tavolo un metro cubo di roba e una decina di minuti di tempo. E poi non abbiamo né le competenze né le professionalità. Infatti fare parte del comitato non dà diritto a nessuna indennità. Una cosa che non serve a nulla».
A fare questo disarmante quadro è Roberto Buonasorte, consigliere regionale della Destra e vicepresidente del comitato, del quale fanno parte altri tre consiglieri (Giovanni Loreto Colagrossi dell'Idv, Pino Palmieri della lista Polverini e Francesco Pasquali del Fli) e che è presieduto da un consigliere del Pd, Carlo Umberto Ponzo. Già, perché essendo il Corecoco considerato un organo di garanzia, la sua presidenza è affidata per consuetudine all'opposizione. Ciò che, seguendo il ragionamento di Buonasorte, servirebbe anche a spiegare la sua sostanziale inutilità. Se fosse un organo importante sarebbe nelle mani della maggioranza. O no?
Eppure le funzioni del comitato, così come illustrate nel sito istituzionale del consiglio regionale del Lazio, fanno sembrare i membri del comitato dei supereroi della legalità: «Il comitato regionale di controllo contabile riferisce al consiglio regionale sulla gestione del patrimonio immobiliare della Regione, sul rispetto del bilancio regionale di previsione, sull'adeguatezza e completezza della documentazione contabile, sulla regolarità degli adempimenti fiscali, sul rendiconto generale regionale. Il comitato può collaborare con la sezione regionale di controllo della Corte dei conti e richiedere alla stessa pareri in materia di contabilità pubblica». E ancora: «Il comitato esprime anche un parere sui bilanci e i rendiconti degli enti pubblici dipendenti dalla Regione». Al comitato spetta anche «l'acquisizione delle relazioni annuali dei gruppi consiliari sull'utilizzo dei contributi erogati dalla Regione». Proprio la pietra dello scandalo.
Per toglierci l'ultimo scrupolo, prima delle dimissioni annunciate dalla governatrice Renata Polverini in serata, abbiamo sentito anche il presidente Ponzo. Che - con grande cortesia, va detto - usa parole più istituzionali ma conferma nella sostanza: «Il Corecoco - ci dice - è un organismo statutario che ha competenze specifiche sui bilanci dei vari enti regionali prima che sia varata la finanziaria». Quindi anche sulle spese dei gruppi consiliari? «Non c'è nessuna norma che preveda un controllo del genere, tanto è vero che noi non siamo chiamati a dare pareri. Se è per questo non abbiamo nemmeno poteri ispettivi». Ma voi le fatture del Pdl le avete viste? «Noi non controlliamo le fatture. E ove mai le avessimo avute tra le mani, non abbiamo organi ispettivi per controllarle». Ma non vi chiamate organo di controllo contabile? «Già. Capisco che il nome possa generare qualche equivoco. Perfino Renata Polverini ha detto a un giornale che avremmo dovuto vigilare. Le abbiamo dovuto mandare una nota di precisazione».

Ma allora chi potrà assicurare che non si verifichi un Fiorito-bis? «I revisori dei conti sono importanti, ma lo strumento più idoneo per evitare abusi è prevedere che i gruppi siano obbligati a pubblicare il bilancio del gruppo. Come facciamo noi del Pd».

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