"La cittadinanza? Sì, ma agli emigrati italiani"

Di Giuseppe (FdI) presenta una proposta di legge per consentire agli emigrati italiani che fino al 1992 non godevano della doppia cittadinanza di poter ridiventare italiani

"La cittadinanza? Sì, ma agli emigrati italiani"

“C’è una comunità che è italiana e non può neppure esercitare il diritto di voto. Sono persone che, pur essendo nati in Italia, non sono italiane”. Così il deputato Andrea Di Giuseppe, eletto in quota Fratelli d’Italia nella circoscrizione dell’America settentrionale e centrale, spiega perché ha deciso di prendere a cuore, presentando un’apposita proposta di legge, la causa degli emigrati italiani che ancora non hanno la cittadinanza italiana.

Cosa prevede la sua proposta di legge?

“La mia proposta di legge prevede che chi è nato in Italia e che è stato costretto a rinunciare alla cittadinanza italiana perché il nostro ordinamento, prima del 1992, vietava la doppia cittadinanza possa riavere la sua cittadinanza. Così facendo potrebbero tornare in Italia definitivamente andando a impattare in maniera positiva sull’economia italiana”.

Come mai prima di lei, non se n’è mai occupato nessuno?

“Bisognerebbe chiederlo anzitutto alla sinistra che ha governato negli ultimi anni. Girando tra le comunità italiane la prima cosa che chiedono è di tornare a essere italiani. Sono le solite cose all’italiana che tutti fanno e nessuno fa. Siccome le comunità italiane non erano nelle priorità dei governi italiani precedenti. Io, invece, ne faccio il mio primo punto programmatico”.

Ma nel corso degli anni non è cambiato nulla?

“I termini per la cittadinanza sono stati attivati per circa due anni, ma non è stata attivata la pubblicazione di informazione da parte di tutte le ambasciate e di tutti i consolati e, perciò, quest’operazione è andata al vento. Da quel giorno, poi, non è stato fatto più nulla”.

Perché la sinistra è più interessata a dare la cittadinanza agli stranieri anziché darla agli italiani?

“Perché quello è un bacino di voti della sinistra. È una questione puramente elettorale. Oltretutto, sarebbe giusto ed etico pensare prima agli emigrati italiani che hanno fatto dei sacrifici enormi e che sono quasi più patrioti di chi vive in Italia”.

Quali sono i principali problemi per chi vota all’estero?

“Noi oggi all’estero votiamo tre settimane prima per posta, ma ci sono molti problemi. Le buste con i cedolini elettorali arrivano per posta, si possono perdere, ci sono possibili brogli. Una volta votato, i cedolini tornano ai consolati, i quali fanno delle buste che spediscono in Italia per lo spoglio. Un gran casino, insomma.

Prima di essere eletto ho fatto un esposto alla procura della Repubblica perché nelle liste elettorali c’erano tanti ultracentenari. Basterebbe adottare il voto elettronico per risolvere tutti questi problemi e per risparmiare parecchi soldi”.

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