MilanoÈ la jihad 2.0. È la guerra santa del cyberspazio. Una dottrina che trascura la moschea e si diffonde via internet. È in rete che si impara a fabbricare un ordigno, si chiamano a raccolta i fedeli contro gli infedeli, si studiano gli obiettivi da colpire. Un pericolo tuttaltro che virtuale, in realtà. Perché il giovane Mohamed Jarmoune era pronto. Lui, vero e proprio hacker e presunto terrorista, era pronto a «una missione». Così diceva al telefono. Una missione, lidea di un attentato. E poi, i diari. Parole vomitate contro «la società occidentale», e un proposito: «Il sacrificio per sconfiggere Israele». Con ogni probabilità, un gesto estremo contro la sinagoga di Milano, «visitata» palmo a palmo attraverso le mappe di Google. Per questo, allalba di ieri, gli agenti della polizia hanno bussato alla porta della sua abitazione nella provincia di Brescia, dove il giovane marocchino vive da anni.
Mohamed è un 20enne, ed è un mago del computer. Non frequenta i centri di preghiera, ma apre e chiude profili Facebook per far perdere le proprie tracce e li blinda con complicati sistemi di controllo, naviga in rete sui forum fondamentalisti, mantiene contatti con altri estremisti coperti dallanonimato del web, cerca e diffonde materiale jihadista, mette in piedi una piccola galassia di simpatizzanti in Italia e allestero - più di una decina - tutti mossi da unideologia estremista. In particolare, sono stati ricostruiti diversi contatti con una donna che vive a Londra, e che è stata arrestata da Scotland Yard, e trattenuta in base alla legge antiterrorismo in attesa che siano accertati i suoi legami con il giovane marocchino.
Perché Mohamed è - come spiegano gli investigatori che lhanno arrestato - «il tipico prodotto delle martellanti campagne di propaganda e istigazione alla violenza condotte attraverso internet da Al Qaida». È la nuova strategia mediatica del fanatismo. Non più le vecchie «cellule», ma un esercito potenzialmente sconfinato di seguaci da conquistare. «Si vogliono indottrinare uno a uno giovani musulmani residenti nei Paesi occidentali - spiega Vincenzo Di Peso, della Direzione centrale della polizia di prevenzione -. Il messaggio che viene loro inviato tramite siti web e pubblicazioni ad hoc è: colpite come e quando potete». Secondo la Procura di Cagliari (che ha coordinato le indagini condotte dal Servizio centrale antiterrorismo e dalla Digos di Cagliari e Brescia), Mohamed aveva recepito linput. E questo era il suo mestiere: addestrare altri estremisti islamici alluso di armi e di esplosivi per essere pronti a colpire. Istruzioni dettagliate e molto pratiche, incluso un listino prezzi delle sostanze chimiche da impiegare per la prepararazione di ordigni artigianali. Di armi, in realtà, in casa sua non ne sono state trovate. Ma dal suo pc la polizia ha estratto un file ritenuto particolarmente preoccupante. Una visita virtuale alla sinagoga di Milano, in via della Guastalla, nel pieno centro del capoluogo lombardo e a pochi passi dal Palazzo di giustizia. Un sopralluogo realizzato utilizzando Google Maps, il sistema di mappatura satellitare delle città che consente di «camminare» fra strade ed edifici. E Mohamed, secondo i pm, aveva studiato la sinagoga nei minimi dettagli. Ingressi e uscite, vie daccesso e di fuga, presenza e turni del personale di polizia. Ancora, il marocchino aveva appunti sui sistemi di sicurezza e sulle misure di sorveglianza, e persino sulle targhe delle auto della security parcheggiate davanti al Tempio ebraico. Anche questo eccesso di attenzione ha fatto scattare larresto. Leventuale attentato non era ancora entrato nella fase operativa, «ma - spiegano gli investigatori - di sicuro era qualcosa di più di una curiosità».
Al termine delloperazione di ieri, il ministro dellInterno Anna Maria Cancellieri frena i timori: «Non ci sono particolari allarmi di terrorismo».
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