Più polemiche che voti, più colonnelli che elettori. La fine di un leader politico è una vicenda terribilmente tragica, il fatto che si tratti di Gianfranco Fini fa scompisciare dal ridere. Fli si scioglie, anzi no. Fli confluisce in un nuovo soggetto politico, anzi nemmeno. Peggio di una morte improvvisa nell'urna c'è l'agonia delle estenuanti riunioni di partito che decidono di non decidere. Ieri durante la lunga Direzione nazionale di Futuro e Libertà l'unica cosa che si è capita è che nonostante la percentuale elettorale ridicola, Fini si è preso la colpa e non poteva fare diversamente. O meglio, il presidente della Camera uscente si è assunto in prima persona «ogni responsabilità morale» per come sono andate le cose. Questa la sintesi del Fini-pensiero: «Non servono capri espiatori (cioè io...) e puntare il dito su questo, quello o quell'altro errore organizzativo (cioè sempre contro di me...) non basta a spiegare un risultato catastrofico, c'è stata una traversata nel deserto non ripagata dagli elettori e che dunque ha fallito».
E ora che facciamo? si sono detti i pochi presenti. Mistero. Ripartiamo, ma senza scioglierci. Azzeriamo le cariche e ripartiamo. Bene. Il comunicato sembra chiaro, ma non per gli astuti colonnelli finiani «azzerati». «La storia di Fli è finita in un modo un po' inglorioso - dice Roberto Menia - non dichiariamo lo scioglimento di Fli perché ci sono degli statuti e delle regole da rispettare». «No, Fli è finito.
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