RomaSono schegge impazzite. In due se ne vanno, un altro minaccia e attacca i colleghi, alle assemblee ormai quasi la metà non si presenta, il capogruppo uscente in Senato Vito Crimi perde la strada per andare in commissione nei corridoi di Palazzo Madama. Beppe non li controlla più. Mentre lui prova a sventolare le bandiere di sempre dal blog (ieri l'ennesima reprimenda sull'inutilità del Parlamento, definito «maleodorante») le truppe perdono pezzi. Ieri è arrivata l'ufficialità: passano al gruppo Misto i deputati Alessandro Furnari e Vincenza Labriola. Formalmente perché in disaccordo con la linea tenuta dal Movimento sull'Ilva di Taranto, a cui il partito avrebbe «voltato le spalle». Ma i due pugliesi erano in maretta già da settimane, da quando era esplosa la fatidica questione della diaria parlamentare. Entrambi non volevano che le spese romane fossero rendicontate scontrino per scontrino. Ora il passo: «Nei giorni scorsi ci sono state delle affermazioni pubbliche di Beppe Grillo, relativamente all'Ilva, che ci trovano in totale disaccordo», annunciano su Facebook. Ma c'è di più: «Ad aggravare il nostro malessere, in questi mesi ci sono state alcune decisioni calate dall'alto che di fatto hanno spezzato quel legame di fiducia che ci legava ad un sogno oramai trasformatosi in altro». Ci aveva provato direttamente Grillo a salvare la situazione, appena ventiquattr'ore prima della svolta. Aveva chiamato personalmente Furnari, mezz'ora almeno, per cercare ci convincerlo. Ma nemmeno questo è servito. E alla Camera anche altri iniziano a manifestare ormai pubblicamente il loro disagio. Come Adriano Zaccagnini: «Mi trovo in un momento di difficoltà psicologica e ho bisogno di riflettere». Il deputato consiglia a Grillo di fare una sana «autocritica». È evidente che non gli sono piaciute le ultime uscite del capo, uno su tutti l'attacco a Rodotà: «Non dovrebbe farsi prendere la mano sul suo blog con frasi o post che dividono e creano disagio e che impediscono di far passare il nostro lavoro». Contro Grillo tra l'altro ieri si è scagliata nientemeno che la presidente della Camera Laura Boldrini: le sue dichiarazioni sul «Parlamento maleodorante» sono «scomposte e offensive», oltre che «dannose per il Paese».
L'ira dei colleghi si è condensata contro Furnari e Labriola in poche righe di comunicato acidissime: «Siamo certi che al gruppo misto lavoreranno molto meglio, anche considerando che saranno finalmente liberi di disporre di tutto il denaro spettante», recita una nota dell'ufficio stampa del M5S. Giuseppe D'Ambrosio: «Taranto non meritava di essere rappresentata da questi due onorevoli».
Sulle bacheche di Facebook dei dissidenti si è scatenata la caccia all'uomo, con minacce traboccanti odio: «Sparati bastardo traditore - ha scritto Donato Di Roma a Furnari - feccia della società! Tu e la tua collega». Tra gli insulti più innocui: «Siete venduti al Dio denaro!».
Questo alla Camera. Ma al Senato gli eletti non se la passano meglio. Qui c'è un dissidente al contrario: è Mario Giarrusso, più grillino della media dei cinque stelle, un pasradan stellato. È addirittura arrivato ad accusare il non moderato Crimi di essere un infiltrato di Berlusconi. Se l'è legata al dito perché il capogruppo non si è presentato in giunta per le elezioni al momento del voto dei candidati, negandogli quindi la sua preferenza. E non è bastato che Crimi spiegasse di essersi perso tra i velluti rossi del palazzo. Giarrusso ieri è tornato a sparare contro «le mele marce» del Movimento, che se ne devono andare. Martedì, comunque, i senatori dovranno nominare un nuovo capogruppo. Si contendono il posto Nicola Morra e Alberto Orellana. I grillini potrebbero spaccarsi anche sul nome del dopo-Crimi.
Dal blog di Grillo arrivano numerosi inviti a cambiare strategia: «Beppe questi ragazzi hanno bisogno di essere seguiti e guidati: solo tu puoi farcela - gli scrive Ruggiero Carpagnano - candidati la prossima volta: dimentica il tuo problema giudiziario, va in Parlamento!».
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