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La furbata dell'oste: evade un milione col trucco degli zeri

Beccato a Palermo dalla Finanza. Aveva dichiarato solo un euro. Sono in tanti a provarci: truffano il Fisco fingendo di "dimenticare" qualche numero

La furbata dell'oste: evade un milione col trucco degli zeri

Un ristoratore della provincia di Palermo aveva dichiarato al fisco un reddito di appena un euro, ma secondo la Guardia di finanza ha guadagnato un milione. Conclusione, l'oste quarantenne, gestore di un elegante e apprezzatissimo locale specializzato nella cucina del territorio, è stato segnalato alla Procura per dichiarazione infedele e si è visto sequestrare vari beni fra i quali una Porsche Cayenne e una moto, che adesso garantiscono il credito che nei suoi confronti vanta l'Erario.

Stando alle prove raccolte a partire da febbraio dalle Fiamme gialle, il ristoratore a reddito (quasi) nullo difficilmente si difenderà dicendo: guarda un po', ho scritto un euro invece che un milione. Ma il suo caso fa pensare ai tanti contribuenti italiani che qui e lì nei vari moduli fiscali dimenticano qualche zero o spostano la virgola. I quali confidano prima di tutto nella possibilità, statisticamente probabilissima, di non incappare nei controlli e in secondo luogo nell'opportunità di far valere la distrazione, propria o del commercialista, quale scusante per aver dichiarato solo una parte del reddito. Con il risultato finale di cavarsela abbastanza a buon mercato.

Perché, e non sarà il caso del trattore siculo, la legge e una consolidata giurisprudenza della Cassazione prevedono che il contribuente possa sempre invocare quegli errori «riconducibili a una non corretta esternazione di scienza e di giudizio». E che, qualora riesca a dimostrare la buonafede, possa correggerli, senza incorrere nelle sanzioni più severe, anche in sede di contenzioso tributario. In parole povere, ci si può appellare all'errore materiale preventivamente (inviando la dichiarazione «emendata» entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione successiva) ma anche quando, dopo il ricorso, il contenzioso tributario è già avviato. Insomma, per correggere senza danni eccessivi uno o due zeri in meno, o una virgola slittata inopinatamente a sinistra, non c'è solo il ravvedimento operoso. Ed è un bel vantaggio per tutti, onesti e furbi, che con l'aiuto di legali esperti in materia possono dimostrare ai giudici tributari non aver mai voluto «autoridursi» l'imposta da pagare. Cosa che avviene più spesso di quanto si pensi. «Un conto è la cartella esattoriale o la contestazione di un'infrazione - spiega Enrico Zanetti, dell'ufficio studi dei Dottori commercialisti - e un conto è l'effettiva condanna».
Purtroppo per i furbi, tuttavia, gli errori materiali più scusabili (e in effetti scusati dall'amministrazione fiscale) si verificano, per esempio, nel calcolo del valore dei beni strumentali, che va indicato nel cosiddetto studio di settore e che non incide, come si dice, «sull'obbligazione tributaria». Oppure quando l'errore si ripercuote sull'imponibile aumentandolo. In quest'ultima eventualità, naturalmente, per il contribuente distratto è molto più agevole dimostrare la buonafede che l'effettiva situazione reddituale e patrimoniale.

Col trucco da un euro, l'oste panormita ha evitato la sanzione per omessa dichiarazione, che vale fino al 240% dell'imposta dovuta ma con ogni probabilità dovrà pagare per «dichiarazione infedele, con omissioni ed errori che incidono sul calcolo del reddito»: fino al 200%. Per la cronaca, rilasciava a tutti i clienti regolare scontrino fiscale e, a richiesta, altrettanto regolare ricevuta.

Solo che non registrava niente.

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