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«A Garlasco trascurati gli indizi contro Stasi»

«Impossibile pervenire a un risultato, di assoluzione o di condanna, contrassegnato da coerenza, credibilità e ragionevolezza». Colui che non può essere né assolto, né condannato è - secondo la Cassazione - Alberto Stasi. Perciò - spiegano le motivazioni della sentenza del 18 aprile scorso - va riaperto il processo per il delitto di Garlasco. Per la I Sezione penale della Suprema Corte, il verdetto di assoluzione di Stasi, emesso dalla Corte di Assise di Appello di Milano il 6 dicembre 2011, dall'accusa di omicidio volontario della sua fidanzata Chiara Poggi, ha «un approccio non coerente ai principi della prova indiziaria» e segue un «non corretto percorso metodologico».
Il verdetto d'appello sottovaluta anche «le incongruenze del racconto» di Stasi e le «sue omissioni narrative relative al giorno» del delitto, «a fronte di specifici e acquisiti elementi fattuali, di rilevati e accertati intervalli e cadenze temporali quanto, tra l'altro, alle telefonate e al sistema di allarme, di pregresse affermazioni del medesimo, di ricostruzioni contraddittorie non lineari».
Per gli ermellini sono poi stati valutati con metodo sbagliato (senza una «valutazione complessiva e unitaria degli elementi acquisiti») gli unici due dati certi raccolti nelle indagini: l'impronta di Stasi sul dispenser del sapone nel bagno di casa Poggi e la presenza del dna di Chiara su almeno uno dei pedali della bicicletta che utilizzava Alberto. A questo punto, nonostante Stasi abbia scelto in appello il rito abbreviato, la Cassazione, accogliendo il ricorso del procuratore di Milano e dei familiari di Chiara, ha dato il via libera a una serie di «integrazioni probatorie» per chiarire il delitto. L'appello bis dovrà approfondire la mappatura di tracce ematiche lungo la scala della cantina di casa Poggi, l'esame del capello trovato in una delle mani di Chiara e quello del suo dna, trovato sui pedali della bicicletta di Stasi. È stato disposto anche un ulteriore accertamento sulla bicicletta da donna in possesso della famiglia Stasi, anche se diversa di quella che due testimoni dicono di aver visto davanti a casa Poggi il giorno del delitto (13 agosto 2007). Ulteriori riscontri devono essere fatti anche sull'assenza di alibi di Stasi durante i 23 minuti compresi tra le 9.12 e le 9.35 di quella mattina.


Infine, per la Cassazione la sentenza di assoluzione ha lasciato «senza risposta» tutte le obiezioni avanzate dalla procura e relative alla «efferatezza» del delitto, alla «emotività esasperata» dell'omicida, alla «introduzione nell'abitazione dello strumento» utilizzato per l'omicidio, alle «criticità dei rapporti sessuali» tra Alberto e Chiara e alle conferme di tali criticità come «derivate dalle deviazioni pornografiche e pedopornografiche dell'imputato».

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