La Germania vuol comandare anche su Dio

«Genitore nostro che sei nei cieli», abbi pietà dei tedeschi se ogni tanto esagerano. Per esempio, non li annegare col diluvio se cercano di emendare un paio di millenni di cristianesimo cercando di convincerci che tu, Dio, non avresti il physique du rôle del vero maschio, bensì andresti catalogato nel genere neutro come uno spinterogeno o una intercapedine.
La proposta di cambiare genere al termine Gott, sostituendo l'articolo maschile der con quello neutro das, arriva dal ministro della Famiglia Kristina Schröder, «in imbarazzo» con la figlioletta di un anno e mezzo per questo retaggio sessista dell'Antico Testamento. Premesso l'incredibile senso teologico della bimba di un anno e mezzo, cresciuta ascoltando le Confessiones di Sant'Agostino (...)

(...) piuttosto che le fiabe dei fratelli Grimm, la proposta fa sorridere, discutere e riflettere.
La prima reazione è immediata: Frau Schröder è solo l'ultima concorrente della corsa a chi partorisce la trovata più destabilizzante in nome di un malinteso e ottuso senso del politically correct. I moduli burocratici francesi con «genitore 1» e «genitore 2», il pronome neutro hen usato negli asili svedesi e infine la divinità tedesca asessuata. Come se la discriminazione covasse in queste inezie lessicali. Senza contare che - se proprio volessimo sposare la tesi - non si capisce perché le donne tedesche non si siano prima ribellate all'orrore di das Mädchen, «la signorina», assurdamente relegata nel neutro.
Dal punto di vista teologico, poi, si potrebbe pure dissertare. Dio è sceso in terra facendosi uomo, non paracarro; e per di più ricorre nelle Sacre Scritture come Padre. Qualche fondamento culturale ce le hanno, dunque, queste millenarie connotazioni maschili del Signore. Certo, non è maschio nel senso umano del termine, con fiocco azzurro e passione per il calcio e i motori, né tantomeno è il superomistico Übermensch di Nietzsche. È Assoluto, quindi unione e superamento dei sessi. «Dio è papà e ancor più madre», come disse Papa Giovanni Paolo I.
Al di là delle interessanti speculazioni intellettuali, però, quel che più impressiona è l'innata tendenza a idealizzare insita nella cultura tedesca. Retaggio filosofico o caratteristica psico-antropologica, rimane nei tedeschi una insopprimibile pulsione a imporre la propria Weltanschauung, una particolare visione del mondo fatta di norme, valori e - perché no - anche regole grammaticali. È un automatismo che proviene anche dalla natura stessa della lingua tedesca, che pare inventata per padroneggiare con un vocabolo ogni singolo aspetto della realtà; riporre un oggetto in piedi si dice stellen, riporlo sdraiato legen: con una lingua del genere, logico che venga spontaneo cercare di conquistare il mondo, no?
Ma la banale querelle linguistica alza il sipario su un aspetto più controverso dell'anima tedesca, ovvero l'incapacità di ammettere le eccezioni, le specificità e le eterodossie. Ridurre Dio al neutro significa cancellare le identità di genere, non significa valorizzarle entrambe. È sterilizzazione, non arricchimento. È lo stesso spirito con cui Berlino ha contribuito a creare l'euro, Moneta Neutra di un'Europa che pian piano cancella le sovranità e le peculiarità dei singoli Paesi. Già, l'euro. Una valuta sempre più a immagine e somiglianza della Germania: rigida, materialista e idealista, appiattita sui protocolli e senza possibilità di deroga per chi rallenta o critica. Così come il Dio neutro sarebbe a immagine e somiglianza di una Germania storicamente laica e oggi sempre più atea, in cui nel prossimo decennio chiuderanno oltre 700 chiese. Una Germania in cui si chiede di trasformare Dio in neutro, mentre l'euro - ironia della lingua - è maschile. Così che sia chiaro chi porta davvero i pantaloni...

segue a pagina 13

di Marco Zucchetti

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