Ghedini e la telefonata di Spinelli: "Si capiva che era sotto tiro"

L'avvocato di Berlusconi ricorda: "Il ragioniere mi disse del materiale sul Lodo Mondadori, del video su Fini e di una richiesta di denaro"

L'avvocato Nicolo' Ghedini a Milano per il processo Ruby
L'avvocato Nicolo' Ghedini a Milano per il processo Ruby

Milano - «Ma, secondo voi, avremmo mai potuto accettare? E poi cosa ci facevamo, con quelle carte? Facevamo ricorso contro la sentenza del Lodo Mondadori dicendo “Ecco, abbiamo comprato da una banda di sequestratori italo-albanesi dei nuovi documenti”?».
Sono le 13,30 di ieri, e Niccolò Ghedini è nell'aula del processo Ruby: la stessa aula dove Giuseppe Spinelli venne interrogato il 25 maggio e raccontò la sua verità sui pagamenti alle Olgettine. Ed è in questa stessa aula che ieri Ghedini racconta le ore drammatiche del sequestro di Spinelli.
«La prima telefonata - racconta Ghedini - mi arrivò da Berlusconi. Mi disse che gli aveva telefonato Spinelli, che gli aveva parlato di una offerta di documenti, ma che lo aveva sentito strano, e mi chiese di chiamarlo. Così telefonai a Spinelli». È la chiamata decisiva. In quel momento a casa Spinelli è ancora accampata la banda dei rapitori che dalla sera prima tiene in ostaggio il ragioniere di fiducia dell'ex presidente del Consiglio. «Spinelli mi raccontò che c'era del materiale interessante sulla vicenda del Lodo Mondadori, mi parlò di un video con Gianfranco Fini, e che c'era questa richiesta di denaro. Ovviamente non mi disse di essere sotto il tiro delle pistole. Ma la voce era inequivocabile, si capiva che in qualche modo non era libero delle sue azioni».
Ghedini non racconta nei dettagli, «perché c'è una inchiesta in corso», il contenuto del materiale che era stato offerto in cambio del riscatto. Un materiale per alcuni aspetti scarsamente verosimile, come quando si parla del presunto incontro (videoregistrato, oltretutto, tra Gianfranco Fini e i magistrati) e per altri palesemente sballato, perché per il Lodo Mondadori i rapitori fanno il nome del pm Piero Forno, che è invece quello del caso Ruby. Scusi, avvocato, cosa c'entrava Forno? «Non ne ho la minima idea».
Ghedini racconta di essersi consultato con Berlusconi. Anche il Cavaliere, a quanto pare, torna a farsi vivo con il suo dipendente sotto sequestro, ma poi la gestione torna all'avvocato. «A quel punto - racconta Ghedini - l'essenziale era tutelare Spinelli. Così gli dissi di dire che avremmo pagato ma che prima dovevamo avere un assaggio dei documenti». Ma i documenti non ci sono. Spinelli ottiene di andare ad Arcore, a casa di Berlusconi, e scatta l'operazione - gestita dalla security del Cavaliere - che metterà in salvo il ragioniere.
Ma resta un altro dettaglio cruciale, che è quello dei tempi: quando scatta la denuncia? È vero, chiedono i cronisti, che avete aspettato il giorno dopo a presentare denuncia? «La denuncia formale è stata presentata il 17. Ma il giorno stesso in cui abbiamo saputo del sequestro abbiamo avvisato la dottoressa Boccassini di quanto stava accadendo».

Il sequestro, insomma, mise provvisoriamente sullo stesso lato della barricata i due arcinemici. Il 18, Spinelli viene interrogato da Ilda Boccassini. L'indomani si ritrovano tutti nell'aula del processo Ruby: la dottoressa, Ghedini, il Cavaliere. E la Boccassini e Berlusconi si stringono la mano.

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