È la banda dei quattro. Tutti indagati. Tutti del Pd. Tutti con la poltrona (governativa) che scotta. Sono Francesca Barracciu, accusata di peculato nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Cagliari sull'utilizzo dei fondi destinati ai gruppi del consiglio regionale sardo, che a causa di questa vicenduola fu convinta a ritirarsi dalla corsa per la presidenza della Regione Sardegna da Renzi, che l'ha ricompensata con la poltrona di sottosegretario ai Beni culturali. Umberto Del Basso de Caro, da pochi giorni sottosegretario al ministero dei Trasporti e delle infrastrutture malgrado sulla sua testa penda un'indagine della procura di Napoli per i rimborsi non rendicontati del Consiglio regionale campano. Vito De Filippo, premiato con la poltrona di sottosegretario alla Salute malgrado sia anche lui coinvolto nel filone lucano di Rimborsopoli. E Filippo Bubbico, indagato per abuso d'ufficio ma riconfermato viceministro dell'Interno.
«Quattro indagati per me posson bastare...», canticchia Beppe Grillo, che chiede le dimissioni dei (poco) magnifici quattro sulla scia dell'addio di Antonio Gentile. Non Grillo ma una sua senatrice, Daniela Donno, aggiunge alla lista un quinto nome, quello del presidente della commissione Agricoltura del Senato Roberto Formigoni, che si dovrebbe dimettere come «atto dovuto per rispetto delle istituzioni dopo il rinvio a giudizio per associazione per delinquere e corruzione nel caso Maugeri». Ai 5 Stelle si unisce Claudio Fava, vicepresidente della Commissione nazionale antimafia in quota Sel, che (in prosa) chiede le dimissioni dei membri del governo: «Mi sembra grave la distrazione con cui Renzi ha messo in piedi questa squadra senza avvertire prima i margini di rischio forte che c'erano su alcuni. Non abbiamo votato la fiducia, ma abbiamo suggerito a Renzi di fare seguire i fatti agli annunci rumorosi che ha fatto. E un primo passo dovrebbe essere un cambio di passo dal punto di vista etico su un esecutivo».
Colpisce di più però che a unirsi al coro dei «dimissionisti» sia un'esponente del Pd, ancorché assai lontana dal nuovo premier, come Rosy Bindi, che della commissione antimafia è presidente. La Bindi chiede la testa del ministro per i Trasporti e le Infrastrutture Maurizio Lupi, che sarebbe indagato dalla Procura della Repubblica di Tempio per concorso in abuso in atti d'ufficio per il pasticcio di una nomina a commissario dell'Autorità portuale sarda, ma fa un discorso che si allarga a tutti gli esponenti di governo: «Faccio appello al senso di responsabilità sia dei partiti, sia delle forze politiche che delle persone interessate. Ho chiesto al mio partito di fare una riflessione seria su questo aspetto perché sono stati usati due pesi e due misure, perché per gli stessi reati alcune persone non sono state neppure candidate, mentre altre siedono al governo». E poi: «Uno degli obiettivi dichiarati dal presidente del Consiglio è quello di rivedere il finanziamento pubblico dei partiti, mi pare evidente che essere indagati per il cattivo uso di quei fondi in questo momento non è opportuno».
Naturalmente sull'argomento forte è il pressing dell'Ncd, il partito che ha sacrificato Gentile: «L'indagine per noi - spiega Renato Schifani - non è presunzione di colpevolezza.
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