Roma«La piazza era piena?», chiede un passante. «Beh, questo pezzo sì...», risponde a fine manifestazione un attivista. Un pezzettino, uno spicchio di metri quadrati sui sanpietrini bollenti di fronte al palazzo di Montecitorio. È stato questo il grande sit-in per Beppe Grillo, per il quale erano state organizzate anche consultazioni online sullo striscione da esporre. «Beppe è il megafono, noi la voce del Movimento», è stato il più votato. E poi naturalmente le facce dei Giuda sulle transenne: «Ecco i traditori», con le foto dei parlamentari che sono stati cacciati, o se ne sono andati da soli, dai gruppi. Sul palcoscenico di piazza Montecitorio quattro gatti, affiancati da una decina di deputati, i registi della più recente delle procedure di espulsione del terribile tribunale grillino, ovvero la consegna alla rete della senatrice Adele Gambaro. Le grandi folle hanno abbandonato le adunate stellate.
Mentre la piazza fa flop, gli eletti si stanno facendo a pezzi. Presto potrebbe arrivare una nuova espulsione. Senatori e deputati viaggiano ormai su due binari distinti, a eccezione degli ultraortodossi Vito Crimi e Nicola Morra (l'ex e l'attuale capogruppo a Palazzo Madama). Il voto contro la Gambaro ne è stata la dimostrazione, con ben 42 «no» alla linea dura e 9 astensioni, con 30 assenti. Sommando questi numeri si supera di poco i 79 «sì». Ormai è spaccatura. Tra questi 42, tra l'altro, c'erano anche alcuni grillini che non erano mai stati annoverati nello zoccolo duro dei ribelli. Il fronte critico verso la linea delle purghe si sta allargando, e vuole mettere in minoranza gli spietati. Una decina di dissidenti si è ritrovata a cena, dopo la tesissima assemblea che ha sancito l'espulsione di Adele Gambaro. Per ora nessuno intende mollare: la linea è restare, e piuttosto farsi espellere.
Ancora erano calde le sedie dell'ultima assemblea che ha decretato la procedura di espulsione, e già ieri ne è stata avviata un'altra. Ora la nemica da eliminare è Paola Pinna, che l'altra sera a PiazzaPulita su La 7 si è sfogata: «Siamo alla psicopolizia», ha detto amara.
Ieri l'immediata messa al rogo. La più sferzante è la sua ex capogruppo, Roberta Lombardi: «Pinna chi?», l'ha liquidata. Poi ha argomentato: «Non abbiamo mai visto questa persona alle nostre assemblee. Molti di noi non sapevano neppure della sua esistenza». Pinna si comporta come l'altra, la Gambaro, che ha ceduto a «chiacchiere da bar», parlando con SkyTg24 per criticare Grillo. Dopo pochi minuti la pagina Facebook del gruppo alla Camera ha fatto del «Pinna chi?» il malvagio slogan del giorno.
Non aiuta poi a ricompattare i gruppi ormai sfaldati la scadenza della diaria del 16 giugno, che molti grillini non hanno rispettato. A decine devono ancora presentare i fatidici rendiconti delle spese romane.
La richiesta di eliminazione formale della deputata, comunque, è già arrivata. Il collega Andrea Coletti ha chiesto «l'espulsione al capogruppo a seguito dell'intervista rilasciata a La Stampa». Lo scontro interno ieri è diventato, se possibile, ancora più aspro. «Se mi chiedono di andare a sparare a qualcuno il mio voto resta no», ha commentato il senatore Bartolomeo Pepe. Paola Pinna non può essere espulsa, altrimenti «ne resterà uno solo», ha suggerito Lorenzo Battista, ironico a Un giorno da Pecora.
Un'eccezione perché gli altri, la maggior parte, sono sempre più nervosi. Con i giornalisti è quasi guerra. Una deputata, Danila Nesci, si è rivolta alla Pinna e a tre cronisti in Transatlantico dicendo: «Guarda questa qui che si confessa con questi qui pubblicamente». Se si va avanti con questo clima di terrore, «faranno fuori uno di noi a settimana», rivela un dissidente. L'obbiettivo è resistere e allargare il gruppo delle colombe.
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