RomaDal latino al latino senza passare dal via. Ma con in mezzo una giravolta di 360 gradi: dal Rigor Montis di qualche tempo fa all'inno alla prorogatio montiana che si leva in queste ore dalle parti di Beppe Grillo. Perché il comico genovese è fatto così: duro e puro, fin quando una cosa non gli fa comodo. E allora cambiare idea non è più peccato mortale.
Così sta accadendo ora con il governo guidato da Mario Monti. Fino alle elezioni per Grillo era quanto di peggio potesse esserci: una conventicola di affaristi e banchieri che volevano fregare il popolo fingendo di essere diversi dai loschi figuri di «pdl e pdmenoelle» ma in realtà vivendo dei loro voti. «Rigor Montis si è aggiunto ai vecchi baroni e sceglierà lui medesimo i candidati, con le sue mani lorde di spread», diceva Grillo a gennaio commentando le candidature per le elezioni. E ora? Ora invece Monti a Palazzo Chigi è una mano santa.
Già. Nello stallo istituzionale attuale, ben sapendo che Napolitano mai attribuirebbe l'incarico di governo a un nome indicato dal M5S - anche perché questa è la terza forza per numero di parlamentari in entrambe le camere, quindi sarebbe una scelta aritmeticamente impraticabile - e ben sapendo che un ritorno alle urne sarebbe un mezzo suicidio visti i sondaggi declinanti, la prorogatio del governo Monti è come si dice a Roma «la morte sua» per i grillini.
Il compito di controfirmare i tempi supplementari dell'ex Rigor Montis spetta a Claudio Messora, il blogger e coordinatore della comunicazione del M5S, che in un post rivendica una sorta di primogenitura sull'idea. «In buona sostanza, la prorogatio rappresentava la possibilità, in un contesto istituzionale difficile come questo, nel quale le forze politiche non si accordano per un nuovo governo ma sono favorevoli a un ristretto numero di leggi da varare prima di tornare alle urne, di lasciare in carica il governo attuale (ma limitato al disbrigo dei soli affari correnti) restituendo piena potestà legislativa al Parlamento, un po' mortificato da anni di esecutivi che hanno dominato a colpi di decreti legge, e perfino da governi tecnici non eletti da nessuno». Anzi, sarebbe stato meglio accorgersene prima: «Se la posta in gioco fosse stata solo l'esigenza di fare il bene del Paese (...) e non viceversa la cupidigia del potere di assicurare la perpetrazione di se stesso, allora si poteva cominciare subito, e oggi saremmo già a buon punto».
La tesi è corroborata da un intervento di Paolo Becchi, che Messora definisce «il filosofo del diritto dell'Università di Genova presentato da Byoblu.com (il blog di Messora, ndr) e diventato presto un punto di riferimento del nuovo universo politico esploso in Italia».
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