Roma - È come se il Movimento 5 Stelle diventasse da un giorno all'altro un 4 Stelle. E nemmeno di lusso. È il giorno della frana nel partito di Beppe Grillo: non frammenti lasciati per strada, come è già accaduto con Adele Gambaro, Marino Mastrangeli, Paola De Pin, ma un intero costone che si stacca e viene giù, annunciando nuovi crolli. Quattro senatori cacciati nel corso di un'assemblea trasformata in ordalia, una decina almeno pronti a lasciare il partito e a formare un loro gruppo. E l'epidemia di antigrillite si diffonde alla Camera. Il tutto tra lacrime, accuse e controaccuse, sfoghi violenti.
È la democrazia secondo Grillo, bellezza. I quattro senatori dissidenti (Lorenzo Battista, Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella e Luis Alberto Orellana) vengono cacciati dall'assemblea dei parlamentari e poi dalla base, che con un referendum online oblitera l'espulsione: 43.368 votanti certificati, 29.883 con il cartellino rosso in mano, solo 13.485 contro. Ma è la riunione pessimamente gestita dal capogruppo Vincenzo Santangelo a lasciare il segno. Qualcuno difende la «banda dei quattro», qualcun altro fa notare l'irritualità della procedura, con i deputati chiamati a votare sui colleghi senatori che nemmeno conoscono. Uno dei quattro dissidenti, Battista, chiede a Santangelo di chiamare Grillo per sottoporgli i dubbi sulla regolarità dell'assemblea, e il capogruppo con aria sprezzante lo invita in malo modo: «Sai che c'è? Vattene». Apriti cielo. Chi prova a difendere gli epurandi viene pesantemente insultato. Accade ad Alessandra Bencini, che esce in lacrime e in piena crisi di nervi, e a Laura Bignami. Finisce con i quattro dissidenti che se ne vanno accompagnati da un altro manipolo di colleghi indignati: «Siete peggio dei fascisti», soffia qualcuno.
Poi si fanno i conti. Il gruppo M5S a Palazzo Madama rischia di uscirne ridotto di un terzo. I quattro dissidenti hanno la lettera di dimissioni da senatori pronta e la garanzia da parte dei colleghi degli altri partiti che saranno respinte. A loro si dovrebbero unire almeno altri sei schifati dalla democrazia pentastellata: Bencini e Bignami, Cristina De Pietro, Maria Mussini, Monica Casaletto e Maurizio Romani. Questi dieci fuoriusciti sarebbero pronti a unirsi ai tre ex (De Pin, Gambaro e Mastrangeli) per formare un proprio gruppo. Che potrebbe scegliere di unirsi a sua volta ai «civatiani» in un appoggio critico del governo Renzi. E il manipolo potrebbe anche rimpolparsi. Tra i senatori grillini che hanno dato segno di disagio ci sono Serenella Fuksia, Bartoloneo Pepe, Roberto Cotti, Giuseppe Vacciano. E alla Camera si parla di una trentina di scissionisti. I primi sono Alessio Tacconi e altri cinque deputati, che in serata annunciano l'addio al gruppo MsS.
Sullo sfondo le solite accuse di Grillo e del suo cerchio magico: chi non è con noi vuole inciuciare con il Pd. Oppure vuole tenersi tutti i soldi dell'indennità. Oppure le due cose insieme. «Sono cambiati, si cambia - scrive sul suo blog il comico genovese -. Si terranno tutto lo stipendio, 20mila euro al mese fanno comodo, capisco anche quello. Non capisco le motivazioni ideologiche: Grillo non si fa mai vedere, Grillo dall'alto, il blog di Casaleggio. Queste sono cazzate, non sono motivazioni ideologiche. Adesso deciderà la rete, spero che deciderà e confermerà il verdetto della assemblea, così noi siamo un pochino meno ma molto, molto più coesi e forti». Orellana da parte sua in un videomessaggio nega di aver violato le regole interne e parla di «operazione creata ad arte». Poi alza il tiro: «Grillo è un bugiardo. Non guadagno 20 mila euro al mese e non c'è alcun accordo con il Pd». E Rizzetto: «Metterla solo sui soldi è la vera cazzata». Polvere di 5 Stelle.
Ora inizia la solita cantilena
sui metodi fascisti
del duce Grillo...
Abbiamo bisogno di compagni, non
di mercenari. Voto per l'espulsione
Non permetteremo ad arrivisti
ed ex politici di conquistare M5S
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