RomaNon ha retto la brutalità di un'espulsione fulminante, la sua collega processata e cacciata. Delusione verso il Movimento e verso la politica. Paola De Pin è l'ultimo degli addii. La senatrice lascia i Cinque stelle e probabilmente lascerà presto anche il Senato. La decisione è stata presa «dopo lunga e sofferta riflessione», con la massima «solidarietà ad Adele Gambaro» ed il disprezzo nei confronti della «reazione» del Movimento e della «gogna mediatica» a cui è stata sottoposta la collega.
«Mi riservo di presentare in futuro le mie dimissioni da senatrice», spiega De Pin. A conferma della purezza del suo gesto, manda una risposta ai tanti polemici che associano la ribellione al Movimento al desiderio di guadagnare di più, uno schiaffo a chi pensa questo: «Per evitare ogni speculazione riguardo alle diarie - aggiunge la senatrice - annuncio che darò in beneficenza tutti i denari non spesi per ragioni di servizio all'associazione Nostra Famiglia di Conegliano (Treviso) che si dedica alla cura e alla riabilitazione delle persone con disabilità, soprattutto in età evolutiva».
E così un altro eletto se ne va. Ormai uno a settimana lascia la compagine grillina. De Pin passerà ora al gruppo Misto, dove raggiunge Adele Gambaro e Marino Mastrangeli, il primo dei cacciati a Palazzo Madama, per via delle sue eccessive comparse in tv. Alla Camera avevano lasciato autonomamente la scorsa settimana Vincenza Labriola e Alessandro Furnari.
Lucidissima, De Pin, nel chiarire come il rischio ora nel Movimento è che «nessuno voglia esprimere il proprio disaccordo per la paura delle conseguenze. Temo pertanto che questo episodio porti all'autocensura». Se ci fosse paura a parlare «non vivremmo in una democrazia, ma in un sistema molto più oscuro e pericoloso». E non è accettabile «un omertoso silenzio» di fronte a un'espulsione così drammatica. La sua elezione a senatrice non ci sarebbe stata «senza lo sforzo e l'impegno di Beppe Grillo», ma la «linea di condotta degli ultimi mesi rischia di distruggere il lavoro di cinque anni».
Ieri Grillo era tutto preso dal titolo che lo riguardava dell'Unità: «Grillo contro i terremotati». Reazione sul blog: «L'Unità fa schifo. E quando chiuderà non mancherà a nessuno. Non racconta che il M5S ha donato già un acconto di 350.000 euro risparmiati della campagna elettorale al Comune di Mirandola colpito dal terremoto». A corredo la copia del bonifico. Il titolo si riferiva all'ostruzionismo dei deputati grillini sul decreto emergenze, che ha imposto la decisione del governo di chiedere al Parlamento il voto di fiducia.
Quel «c... di Parlamento», lo ha chiamato Grillo a Ragusa, durante un comizio in piazza: «Faremo - ha quindi annunciato - un Parlamento extraparlamentare: i nostri 160 deputati o quelli che saranno, 150, li porteremo dove ci sono i problemi». C'è anche un'ammissione, finalmente, un'autocritica sul crollo alle Amministrative: «Abbiamo fatto degli errori - ha detto il capo del M5S - con liste raffazzonate». E poi: «Abbiamo sbagliato a anche a dare lo streaming della riunione con Enrico Letta, lo abbiamo fatto passare per uno statista».
I grillini comunque non riescono a trovare la calma. La crisi di nervi è perenne, e ne è testimonianza una quasi rissa scoppiata ieri nell'aula della Camera, protagonisti un deputato grillino, Manlio Di Stefano, e un collega di Sel Nazzareno Pilozzi. Tutto nasce da una polemica sulla manina facile alle espulsioni dei grillini.
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