I falsificatori adesso battono moneta L'orafo e l'incisore coniavano euro

Nella «Banda degli onesti» Totò s'improvvisa falsario. Ma né lui né i suoi maldestri compari trovano il coraggio di spacciare una sola delle banconote da 10mila lire autoprodotte. Proprio per evitare i rischi, elevatissimi, connessi alla stampa di carta moneta falsa tre uomini campani, orafi e incisori, avevano messo su una zecca nel garage di una villa a Gallicano nel Lazio. Lì «coniavano» i tagli bimetallici della moneta unica, da uno e da due euro, scegliendo con cura i soggetti da taroccare. L'euro era quello francese, con il rovescio dedicato all'albero della vita e al motto «liberté, egalité, fraternité». La moneta da due, invece, era quella coniata per le olimpiadi invernali di Torino 2006. Lo scopo era «divulgare» falsi meno diffusi in Italia rispetto alle monete in euro correnti, in modo che piccole difformità non destassero sospetti. Precauzione inutile. La fattura delle due monete era «ottima». Parola dei finanzieri di Aversa e dei carabinieri del comando antifalsificazione monetaria, che in piena notte hanno fatto visita ai tre artigiani, sorprendendoli in attività intorno alla pressa idraulica che imprimeva il conio sui dischetti, trasformandoli in monete. Sonanti come le manette, inevitabilmente scattate ai polsi dei due orafi «convertiti» e del loro complice. Complessivamente, tra macchinari, «semilavorati» e monete pronte per essere spese, Gdf e Arma hanno sequestrato materiale per un valore di circa 120mila euro, e l'obiettivo era produrre un utile di due milioni. Unica pecca la scelta dei materiali, dettata dalla semplicità di reperire i metalli e dall'esigenza di non insospettire i fornitori: le monete «tarocche» erano in acciaio e bronzo, quelle «approvate» dalla Bce in lega di rame-nichel e nichel-ottone.
Insomma, occhio al salvadanaio. Perché l'operazione (l'indagine della procura di Tivoli punta ora a individuare i clienti della «zecca») rivela un fenomeno tanto diffuso quanto difficile da valutare nella sua dimensione. Ed è per questo che nel garage di Gallicano sono sfilati tecnici ed esperti della zecca dello Stato e dell'Antifrode Ue. Come noto, l'attenzione nella lotta ai falsari si concentra quasi solo sulla carta moneta. L'ultimo bollettino statistico sulla falsificazione dell'euro, curato dall'Ucamp (l'ufficio centrale antifrode dei mezzi di pagamento) parla chiaro: nei primi sei mesi del 2012, su 28.301 segnalazioni solo un migliaio riguardano monete metalliche, in gran parte - appunto - da 1 e 2 euro (con un singolo clamoroso caso, in Liguria, di moneta falsa da 20 eurocent). Gli unici picchi del fenomeno sono concentrati a gennaio e a giugno, in occasione di operazioni mirate delle forze dell'ordine. Altrimenti, gli euro falsi passano di mano inosservati insieme a quelli «buoni».

Certo, per chi si arricchisce con gli spiccioli fasulli c'è il problema del trasporto e della pazienza: un milione di euro in banconote da 500 euro pesa 1,6 chili, 10mila euro in monete da un euro fanno 75 chili di peso, che scendono a 42,5 utilizzando quelle da due euro. Svantaggi che hanno come contraltare una grande facilità a «spicciare» le monete e un rischio quasi nullo. A meno, ovviamente, di non essere sorpresi a battere moneta, come è capitato ai tre sfortunati falsari campani.

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