E così i «grillini» votarono la fiducia. Ai No Tav. Con la partecipazione straordinaria del prim'attore del (discretamente noto) centro sociale Askatasuna, Lele Rizzo, e dell'anarchico Luca Abbà, quello che si arrampicò e poi precipitò dal famoso traliccio della corrente elettrica, innescando una catena di violentissimi incidenti, è un dato di fatto che ieri, da queste parti, sia stata scritta, una singolare pagina di storia. Parlamentari del Movimento 5 Stelle e di Sel che, entusiasti come bambini in gita scolastica, scendono dai pullman ed entrano per un'ispezione nel cantiere dell'Alta Velocità a Chiomonte, portandosi appresso, in veste di «collaboratori», attivisti e indagati per atti vandalici e violenze varie. In tutto 107 «visitatori» assolutamente obbiettivi. Che, dopo un'oretta di giro turistico al cantiere, dove sono stati scavati i primi cinquanta metri del tunnel geognostico (largo 7 metri e 50 e profondo 48) possono trionfalmente rilasciare dichiarazioni illuminanti sulle loro intenzioni. Come Marco Scibona, senatore del M5S. Proprio colui che ha indicato Lele Rizzo come suo collaboratore: «Accertato cosa sta accadendo al cantiere, lunedì chiederemo in Parlamento l'istituzione di una commissione di inchiesta sulla Tav». Semplice e telegrafico. Mentre Vito Crimi (contestato da un attivista che gli ha urlato «fascista»), capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, giusto per tenere le distanze, ha preferito salutare così il padrone di casa, Marco Rettighieri, direttore generale Ltf, al cantiere: «Speriamo di riuscire a fermare quest'opera. Ho visto una devastazione enorme per un'opera inutile». E Perino? Alberto Perino, l'ex bancario di Condove, 69 anni, portavoce dei No Tav, indagato per istigazione a delinquere, ha chiarito ogni dubbio, se, sferzati dalla pioggia, qualcuno dei giornalisti presenti ne avesse avuti: «Questo è il giorno del movimento No Tav. I parlamentari che sono qui oggi, prima di essere tali, sono No Tav. Oggi segniamo un punto a nostro favore: avere dei sostenitori in Parlamento è positivo perché ci permette di utilizzare nuovi metodi di lotta come interrogazioni, commissioni di inchiesta e così via». Eppure il direttore Lettighieri era stato cortese con loro: «È stata una visita utile e importante, per noi, e spero che ce siano altre. I parlamentari saranno sempre accolti».
Eppure, giusto avant'ieri, il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, aveva ribadito il concetto in un'intervista: «Il cantiere dell'Alta velocità Torino-Lione deve essere trasparente e mettere certamente a disposizione tutte le informazioni necessarie a chi esercita un ruolo istituzionale di controllo ma bisogna andare avanti perché si tratta di un progetto che va nella direzione giusta non solo per i cittadini della Valsusa, ma anche per gli italiani e per i cittadini europei. Il Paese rinuncerebbe a un progetto irrinunciabile perché, dopo le correzioni apportate, offre vantaggi infinitamente superiori ai costi, permette di creare lavoro, duemila posti per almeno dieci anni a fronte di un impegno italiano di meno di tre miliardi da qui al 2030 perché l'opera è finanziata per circa due terzi dalla Francia e dalla Ue».
Ma tant'è, rientrati a Susa e, liberatisi dai morsi della fame con un festoso happening, nel pomeriggio ecco che migliaia (quarantamila?) di manifestanti si sono messi in cammino per passeggiare per otto chilometri da Susa a Bussoleno. Un lunghissimo corteo aperto da un trenino con a bordo piccoli contestatori («Meno treno e più trenini» il loro slogan) che tra maschere, cartelli ironici e striscioni di gruppi provenienti da ogni parte d'Italia ha persino inglobato le maschere di alcuni leader politici.
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