di Paolo Stefanato
Ryanair ha ottenuto buona parte della sua fortuna grazie a una comunicazione aggressiva, sfrontata, paradossale. Questo le ha permesso di finire spesso sui giornali, che hanno (quasi) sempre abboccato, anche quando annunciava posti in piedi sugli aerei o bagni a pagamento. Ebbene: quel far notizia impetuoso, quelle pubblicità piene d'impudenza verso concorrenti e uomini di governo, sembrano oggi rivoltarsi contro la low cost irlandese, che ora finisce sui giornali soprattutto per fatti negativi. Quasi fosse una specie di contrappasso alimentato dall'invidia. La curiosità del passato sembra trasformarsi in accanimento. Ryanair oggi fa notizia perché atterra in emergenza coi serbatoi a secco: non è l'unica, ma c'è quasi più gusto a attaccare proprio lei. Fa notizia perché il suo numero uno, Michael O' Leary, è indagato in quanto ha sottoscritto contratti irlandesi con dipendenti italiani, per sottrarsi all'Inps. In parallelo si indaga per danno al sistema sanitario, mentre la Guardia di Finanza due anni fa ha aperto un'inchiesta per 350 milioni di ricavi non dichiarati al fisco. Contro Ryanair alcune compagnie hanno presentato un ricorso all'Unione europea per aiuti di Stato: sostengono che i contributi pubblici versati dagli aeroporti sono distorsivi di una leale concorrenza. E se ne sono accorti anche gli scali: quello di Verona, messo in ginocchio dai contratti con Ryanair, è finito sull'orlo del fallimento. Che cosa fa in questi casi Ryanair, con gesto ricattatorio? Lascia lo scalo o taglia le rotte, come ha fatto da poco anche in Spagna per protestare all'aumento delle tariffe aeroportuali. Ryanair, secondo il suo stile, se ne impipa. I numeri le danno ragione: nel primo semestre i suoi utili sono aumentati del 10%, il fatturato del 15%, il traffico del 7% e le tariffe del 7%. Nel disastro del trasporto aereo è un paradiso, e questo non va giù alle altre compagnie in crisi.
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