Fischiano. Urlano: «Traditore!». Gridano alla vergogna. Non sono black bloc ma marinai di età media piuttosto avanzata, riuniti in presidio a piazza Montecitorio per chiedere la liberazione di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò detenuti in India perché incolpati dell’uccisione di due pescatori. Destinatario di tanta rabbia il presidente della Camera Gianfranco Fini. Colpevole di non essere presente in questo sabato di primavera. Colpevole di avere affidato il suo pensiero e la sua solidarietà a una anodina missiva letta al microfono. Colpevole a prescindere, come rappresentante delle istituzioni che molti in questa piazza credono non stiano facendo abbastanza per liberare Massimiliano e Salvatore; ancor più Fini, visto che il ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, è un suo uomo.
Fino a quel momento la manifestazione davanti alla Camera era stata sentita e vibrante, senza nessun cedimento se non emotivo. Circa duecento militari in congedo erano accorsi con in testa baschi blu e cappelli piumati e in mano bandiere e labari da far svolazzare nel tiepido venticello romano in una delle piazze del potere, mobilitati dall’Associazione nazionale marinai d’Italia. L’obiettivo, chiedere la liberazione dei due marò prigionieri in India. Tra i manifestanti il sindaco di Roma Gianni Alemanno e l’assessore regionale alla Sicurezza, Giuseppe Cangemi. Presenze che non hanno fatto che sottolineare l’assenza «per irrinunciabili impegni istituzionali» di Gianfranco Fini, invitato con largo anticipo dagli organizzatori. E i marinai non hanno perdonato.
Così, dopo l’esibizione della banda dell’associazione dei marinai in pensione, dopo il minuto di silenzio osservato con commossa religiosità, dopo qualche discorso di prammatica, il presidente dell’Anmi Giampaolo Pagnottella ha letto la missiva di Fini: «Desidero rinnovare - le parole del presidente della Camera - la mia solidarietà ai due fucilieri del reggimento San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, attualmente detenuti in India. Su questa questione, anche in sede internazionale, ho già avuto modo di richiamare l’attenzione di autorità di Paesi alleati, manifestando il sostegno all’azione del nostro governo fortemente impegnato per un loro rapido rientro in patria». Non appena Pagnottella ha chiuso il foglio dalla piazza si sono levati fischi, prima sparuti, poi da una buona metà della piazza.
Qualcuno evidentemente incapace di fischiare ha usato la voce, dando a Fini del «traditore» e invitandolo a vergognarsi. Una gazzarra che probabilmente sarebbe andata avanti chissà quanto se Pagnottella non avesse intimato lo stop, ottenendo l’obbedienza di una platea furiosa ma pur sempre avvezza alla disciplina militare. «Vogliamo solo dire al governo - ha detto il presidente Anmi per riportare il presidio al suo spirito originario - che siamo con lui perché vogliamo riportare i nostri soldati a casa e sentiamo quindi doveroso stringerci attorno alle istituzioni». Parole condivisibili.
Ma forse molti ieri a piazza Montecitorio erano più in linea con il piglio polemico di Adriano Tocchi, presidente della sezione di Roma dell’Associazione nazionale paracadutisti italiani: «Mi sembra che le attività intraprese finora siano balbettanti. Finora non c’è stato nessuno che abbia dato un cazzotto sul tavolo». Qualcuno sperava potesse essere proprio il presidente della Camera. Che delusione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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