Grasso e "Corriere", moralisti a colpi di topless

Grasso contro il programma di Barbara D'Urso su Canale 5. Ma sul Corriere.it non è che vada meglio

Grasso e "Corriere", moralisti a colpi di topless

Ha ragione da vendere Aldo Grasso, critico potentissimo della televisione italiana ed editorialista principe del Corriere della Sera, quando sostiene che le immagini mandate in onda domenica pomeriggio nel programma di Barbara D'Urso su Canale 5, che hanno suscitato indignazione e polemiche, non «dovrebbero essere mostrate».

Così come possiamo immaginare le buone ragioni per le quali il Moige ha denunciato l'abuso dell'argomento «sesso» in fascia protetta. E siamo altrettanto convinti che Aldo Grasso abbia ragione quando spiega che la messa in onda delle immagini non può essere considerata un “incidente”, perché «se si mandano in onda certe scene è matematicamente sicuro che l'audience sale». E siamo completamente d'accordo - come potremmo non esserlo? - soprattutto quando Aldo Grasso dimostra che queste cose accadono non soltanto per una insana ricerca dell'audience, ma prima ancora per un «problema di cultura», cioè la mancanza, tra coloro che fanno i programmi Rai e Mediaset, di qualcuno che abbia l'intelligenza e la sensibilità di decidere che «queste cose non si devono fare».

Ha ragione Aldo Grasso. È un problema di cultura, di forma e di modi. E infatti tutto ciò il famoso critico televisivo - esordendo con un simpatico «Sesso a Mediaset, e lo diciamo arrossendo!» - lo spiega benissimo sul sito Corriere.it, nella sua videorubrica Tele-visioni. Non a caso incastonata - ci riferiamo alla homepage di ieri pomeriggio, ma oggi o domani sarebbe uguale - tra un servizio su Pirlo: ecco la nuova fiamma linkato a una fotogallery di 22 immagini, nella metà delle quali la «nuova fiamma» appare in bikini; un approfondimento su Kelly Brook provoca sul red carpet con la maxi-scollatura (maxi-scollatura peraltro ampiamente documentata in una nutrita e immaginiamo cliccatissima sequenza fotografica); uno scoop su L'amante di Hollande, le foto di Julie Gayet (e spunta un topless) - ci chiediamo in effetti come poteva non spuntare - e dobbiamo dire che il topless si vedeva benissimo; e un reportage su Le trasparenze di Britney Spears nella calda California, dove le “trasparenze” a cui si allude non sono di tipo bancario-amministrativo. Sesso al Corriere della Sera, e lo diciamo arrossendo!

E questi erano i quattro servizi che stavano sopra, sotto, a destra e a sinistra della videorubrica di Aldo Grasso. Si tratta di quelli che in gergo giornalistico si chiamano «boxini morbosi», articoli civetta e civettuosi acchiappa-clic, che non possono essere considerati degli “incidenti”. Perché se si mandano online certe immagini è matematicamente sicuro che il traffico sale.

Detto questo, l'articolo serio più vicino alla rubrica di Grasso era nel blog La 27ORA su Il dilemma di Guillaume (e di sua madre): uomo, donna, etero o gay?.

Un bel dilemma, in effetti, fra dovere di cronaca ed esigenze economico-editoriali, stabilire quali immagini mostrare e quali no, insomma se certe cose si devono o non si devono fare. Ha ragione Grasso. È un problema di cultura, più ancora che di share. O di clic.

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