Libertà di pensiero, correttezza, preparazione: secondo i suoi colleghi sono queste qualità che fanno di Francesco Iacoviello un «grande» magistrato.
Il sostituto procuratore generale della Cassazione che ha chiesto e ottenuto dai supremi giudici l’annullamento del processo Dell’Utri è una delle toghe più stimate. Per la sua indipendenza di giudizio, prima ancora che per i suoi studi e le sue battaglie in difesa dei diritti dell’uomo e delle regole del «giusto processo».
Non può certo essere sospettato di favoritismi politici, perché viene da una militanza nelle fila del «Movimento per la giustizia» e quattro anni fa fu candidato senza successo da «Area», la lista che riunisce le due correnti di sinistra, al Consiglio direttivo della Cassazione (l’organismo di autogoverno dei magistrati della Suprema Corte).
Oggi che è diventato scomodo per la sinistra, liquidando 15 anni di inchieste e di giudizi e ottenendo un nuovo processo d’Appello per Marcello dell’Utri, è diventato un bersaglio.
Il Fatto lo critica aspramente, definendolo «estroso» per le sue posizioni personali, il «Pg smonta-prove» che mina la lotta alla mafia.
In tanti agitano contro di lui il fantasma di Giovanni Falcone, che ideò il concorso esterno in associazione mafiosa, definito da Iacoviello «un reato autonomo, indefinito, al quale non crede più nessuno». E Nando Dalla Chiesa parla di «una vendetta postuma» nei confronti del magistrato ucciso dalla mafia.
Il leader di Magistratura Democratica, Piergiorgio Morosini, definisce «sorprendenti» le parole del Pg sul concorso esterno: «Ci credono tre sentenze delle Sezioni unite della Cassazione e molti procedimenti si basano su questo istituto».
Ma solo 15 giorni fa, al Csm, era tutto un peana su di lui. Dalla Terza Commissione è arrivata in plenum la proposta appoggiata da molti di sceglierlo come rappresentante della Procura generale della Cassazione nel «Comitato dei saggi» che deve valutare la professionalità, le capacità scientifiche e di interpretazione delle norme dei nuovi magistrati che vogliono accedere alla Suprema Corte. Togati delle diverse correnti, laici di centrodestra e centrosinistra, per una volta hanno concordato sulle qualità di equilibrio e preparazione di Iacoviello.
«È senza alcuna ombra di dubbio - disse allora all’assemblea il procuratore generale Vitaliano Esposito - uno dei migliori magistrati che ho conosciuto nella mia lunga carriera». Una frase condivisa a larghissima maggioranza. La proposta è passata e il 15 marzo Iacoviello sarà a Palazzo de’ Marescialli per la prima riunione della Commissione tecnica (composta da 3 toghe, un avvocato e un docente universitario) che incontrerà la Terza Commissione del Csm per avviare i lavori.
Meno di 60 anni, nato a Giugliano di Campania, per anni sostituto procuratore a Ravenna, moglie consigliere di Cassazione nel settore civile e due figlie, giovanile e sportivo, di Iacoviello raccontano che per rilassarsi e tenersi in forma ama fare footing appena può.
Di processi delicati e controversi nella sua carriera ne ha seguiti molti. E ogni volta si è attirato lodi e critiche, ma sempre accompagnate dal riconoscimento della sua statura professionale. Iacoviello è quello che ha ottenuto l’annullamento delle condanne del giudice Renato Squillante nel processo Imi-Sir e del capo della polizia Gianni De Gennaro per la vicenda della scuola Diaz al G8 di Genova. È quello che ha voluto la conferma dell’assoluzione di Calogero Mannino e ha bocciato il ricorso dei magistrati di Milano contro il proscioglimento di Silvio Berlusconi per il Lodo Mondadori. Convinto della mancanza di prove sui rapporti tra Giulio Andreotti e la mafia, ha chiesto la conferma dell’assoluzione con prescrizione per i fatti ante 1980 e ha bollato come «indagine sociologica» la sentenza della Corte d’appello. Posizioni in cui si può seguire il filo logico di una coerenza non minata da pregiudizi ma fondata su solide convinzioni. Un filo che spiega la sua posizione anche nel caso Dell’Utri.
Uomo di cultura dai molti interessi, Iacoviello è anche professore all’Università di Cassino, relatore di conferenze e convegni, autore di molte pubblicazioni scientifiche di alto livello e studioso soprattutto di procedura penale e delle regole del «giusto processo».
La sua passione sono i diritti umani e l’approfondimento di tutti gli aspetti giuridici che li riguardano. Infatti, segue in modo particolare la Corte europea di Strasburgo e ha pubblicato degli studi sulla sua giurisprudenza.
«Nessun imputato - ha detto nella sua requisitoria in Cassazione - deve avere più diritti degli altri ma nessun imputato deve avere meno diritti degli altri e nel caso di dell’Utri non è stato rispettato nemmeno il principio del ragionevole dubbio».
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