Indagato senatore: soldi in cambio di leggi

Indagato senatore: soldi in cambio di leggi

Due scossoni in 48 ore. L’inchiesta della periferica Verbania sugli affari del re della rubinetteria Corrado Giacomini mette nei guai un senatore della città piemontese: Enrico Montani avrebbe addirittura scritto una norma ad hoc per favorire sul piano fiscale l’imprenditore amico. Per questo Montani, i cui uffici di Intra sono stati perquisiti, è indagato per corruzione aggravata. Una stecca in cambio di una legge. Un episodio a dir poco imbarazzante, l’ennesima tegola sul Carroccio, ma questa è l’ipotesi degli investigatori che in due giorni due hanno messo in difficoltà il governo e la Lega. Martedì si scopre, infatti, che il sottosegretario alla Giustizia Andrea Zoppini, docente universitario a Roma Tre, è indagato per frode fiscale: avrebbe incassato in nero, estero su estero, 800mila euro per una consulenza da un 1.732.000 euro. Zoppini si dimette a razzo, lasciando nei guai il collega Salvatore Mazzamuto che, infatti, pasticcia in commissione con gli emendamenti sul falso in bilancio. Il ministro Paola Severino chiede a Zoppini di rimanere, ma il professore getta la spugna: avrebbe aiutato Giacomini a mettere in piedi una sorta di contabilità parallela. Per la Procura l’azienda avrebbe trasferito e riciclato «ingenti somme» all’estero, fra Lussemburgo e Marocco, creando una provvista vicina ai 200 milioni di euro.
Corrado Giacomini e la sorella Elena sono da qualche giorno in carcere e ora tutti i contratti dell’azienda, che occupa più di mille dipendenti, sono sotto riflettori. Così, in un altro filone salta fuori il rapporto sospetto fra Giacomini e il senatore Montani: il parlamentare sarebbe stato comprato scrivendo al Senato una norma con agevolazioni fiscali pensate per favorire i prodotti dell’azienda. Montani nega e si difende: «Non c’è stata alcuna promessa né dazione di denaro. E a quanto mi consta, la perquisizione di oggi non ha dato frutti. Domani chiederò di essere ascoltato dalla magistratura e spero che questo avvenga nel più breve tempo possibile». E la liason con Giacomini? «Ho incontrato questo imprenditore - replica Montani - perché proponeva un progetto che avrebbe portato oltre 500 nuovi posti di lavoro nel nostro territorio che ne ha un disperato bisogno. Da parlamentare - è la conclusione - ho fatto il mio dovere».
La procura la pensa diversamente: viene perquisito anche l’ufficio di Mariella Enoc, presidente di Confindustria Piemonte, che però non risulta indagata; e soprattutto viene ascoltato come teste William Malnati, funzionario dell’ufficio legislativo dei gruppi della Lega e presidente dell’Aspen di Varese. Le domande riguardano gli atti compiuti da Montani fra il 2011 e il 2012; in particolare un emendamento sugli incentivi per l’utilizzo delle energie rinnovabili, tema caro al gruppo Giacomini.
Certo, un’indagine piccola piccola pare ormai non avere più confini. Tutto comincia con un oscuro attentato il 6 settembre scorso: un commando di tre persone aspetta Giacomini davanti alla sua villa, a due passi dal Sacro Monte d’Orta e spara contro la sua auto. Perché quei colpi di pistola? Novara e Verbania cominciano a scavare, aiutate anche da una raffica di esposti presentati dal fratello della vittima: Andrea Giacomini vuole che si faccia luce su alcuni comportamenti poco chiari nell’azienda di famiglia.

Ecco spuntare il tesoretto all’estero, ecco la corruzione di un sottufficiale dell’Arma, ecco i guai per Zoppini e ora per Montani. Gli indagati, al momento, sono una ventina. E in carcere, con i fratelli Giacomini c’è anche Alessandro Jelmoni, un nome già noto alle cronache di Parmalat.

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