Ingroia non molla e attacca ancora la Consulta

Il pm a Servizio Pubblico: "C'è diritto di critica alle sentenze, non d'invettiva". E poi rincara la dose: hanno voluto bacchettare la procura di Palermo

Antonio Ingroia alla presentazione del suo libro "Io So"
Antonio Ingroia alla presentazione del suo libro "Io So"

Antonio Ingroia non molla e continua ad attaccare la Consulta. Il pomeriggio colpisce dal suo blog e la sera in diretta da Santoro. Camicia di lino, sfondo guatemalteco alle spalle il magistrato palermitano partecipa alla trasmissione di La7 sulla trattativa Stato-mafia. Durante il suo collegamento-comizio dal Guatemala a Servizio Pubblico ribadisce il suo punto di vista: "Io mi sento un magistrato che ha applicato la legge. Io e il pool della Procura di Palermo ci siamo fatti carico di una responsabilità in più: avendo accidentalmente intercettato delle conversazioni del Presidente della Repubblica abbiamo messo in atto delle cautele che impedissero che queste intercettazioni venissero fuori e infatti non sono venute fuori". Per Ingroia quella della Consulta è una "sentenza politica", con la quale è stata messa nel mirino e bacchettata la procura di Palermo.

Poi, rispondendo a Luisella Costamagna che gli ricorda come in passato abbia stigmatizzato chi criticava le sentenze, si giustifica così: "Le sentenze vanno rispettate tutte, anche quelle che non si condividono.

Però deve essere riconosciuto a ciascuno il diritto di critica, non quello di invettiva, quello cioè esercitato per decenni da Berlusconi e i suoi epigoni nei confronti delle sentenze che gli davano torto" . Insomma, lui può contestare le sentenze, il Cavaliere no.

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