Ingroia spara pure su Monti con l'ok dell'Anm

RomaNon è facile passare dai fuochi giudiziari e mediatici di Palermo alla prospettiva di un incarico Onu a Città del Guatemala per la lotta al narcotraffico. E così Antonio Ingroia non rinuncia a cavalcare l'onda polemica. Questa volta i suoi strali sono diretti contro le ultime esternazioni del presidente del Consiglio che aveva parlato di abusi negli ascolti della magistratura a proposito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Indagine condotta tra gli altri proprio dal pubblico ministero Ingroia. Un affondo al quale il magistrato non può fare a meno di replicare. «Ho apprezzato il premier, nella commemorazione di Capaci, quando ha sostenuto che l'unica ragion di Stato è quella dell'accertamento della verità», sottolinea Ingroia. «Non condivido invece le ultime cose dette sull'operato della procura di Palermo, ma ovviamente ognuno ha il diritto di sostenere le proprie opinioni». Un graffio rilanciato in maniera più netta dall'Associazione nazionale magistrati. «Apprendiamo con preoccupazione» che il premier ha definito «grave il caso delle telefonate del capo dello Stato intercettate, parlando di abusi: la questione è oggetto di un conflitto di attribuzione e pertanto appare improprio ogni riferimento a presunti abusi».
Nell'intervista a Klaus Davi, Ingroia viene sollecitato su argomenti ad ampio spettro, a partire dal rapporto tra politica e magistratura. «Nessun nostro sconfinamento. Semmai ci sono stati da parte della politica». Il pm torna poi sulla vicenda della morte di Loris D'Ambrosio, il consigliere giuridico del Quirinale. «Non ho provato nessun senso di colpa, ma profondo dispiacere sul piano umano. So non esserci e non poter esserci nessuna relazione tra la sua morte e le nostre indagini». Nessun tentennamento neppure sulle modalità di una inchiesta, quella sulla trattativa tra Stato e mafia, che tante polemiche ha suscitato. «La Seconda Repubblica non potrà mai diventare matura fino a quando non si riuscirà a sapere la verità su quella stagione». A Ingroia piace, invece, la notizia riportata da alcuni giornali secondo cui Berlusconi si presenterà alla Procura di Palermo. «Sarebbe un segnale di distensione. Mi auguro che Berlusconi abbia riacquisito un pizzico di fiducia. Non c'è motivo di dubitare dei giudici palermitani». Ingroia non chiude su una sua possible futura carriera politica. «Il mai in queste cose non può esistere trattandosi di diritti costituzionali, quindi mai dire mai». A una domanda sulle sue possibilità di fare il ministro della Giustizia risponde scettico. «La vedo dura, con questi chiari di luna degli orientamenti politici prevalenti». E quando Maurizio Gasparri lo accusa di agire come un militante politico, la replica è in perfetto «Ingroia style»: «Non mi sento militante politico ma militante della verità». Una battuta che suscita la controreplica del capogruppo al Senato. «Quando uno che fa il pm e il politico si definisce militante della verità bisogna preoccuparsi per la condizione di chi fa affermazioni così apodittiche».


Duro anche Mario Adinolfi del Pd. «Ingroia soffre di continua ansia da prestazione. Avrei preferito che un pm impegnato in delicatissime indagini non fosse così desideroso di un eterno ping pong con i vertici istituzionali».

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