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Intervista a Tabacci: "Sea? Niente favoritismi Ci abbiamo guadagnato"

Il super assessore di Milano: "La quotazione era più bassa del valore ottenuto vendendo a Gamberale. La gara non era fatta su misura per lui"

Intervista a Tabacci: "Sea? Niente favoritismi Ci abbiamo guadagnato"

La questione è semplice. Il Comune di Milano e il suo assessore al Bilancio, Bruno Tabacci, hanno ceduto poco meno del 30 per cento degli aeroporti gestiti da Sea al Fondo di Vito Gamberale F2i. La procura di Milano sta indagando per turbativa d’asta. In un’intercettazione telefonica Gamberale avrebbe detto che la gara con cui ha acquistato una fetta di Sea (il gestore di Linate e Malpensa) sarebbe stata fatta su misura per farlo vincere. La conversazione che segue è la sintesi di una piccola baruffa tra l’assessore che si sente maltrattato e il Giornale che sarebbe realizzato, dice sarcasticamente Tabacci, «da scienziati dell’informazione».

È in imbarazzo?

«Assolutamente no. Ho la serenità di aver fatto le cose in grande trasparenza, ovviamente capisco le forti tentazioni politiche e le vostre di mettere tutti sullo stesso piano e quindi di immaginare che le tresche della Regione abbiano un contraltare nelle vicende del Comune...».

Il Comune della trasparenza si becca subito un’indagine per turbativa d’asta?

«La Procura aveva deciso di rubricarla come notizia che viene raccolta ma che non merita approfondimento, poi c’è stato un rilancio giornalistico».

Almeno questa non è colpa nostra ma dell’Espresso.

«Sì ma non importa. In Regione sono avvenuti fatti di altra natura».

Tutto da dimostrare anche in Regione...

«Beh qui non c’è un’indagine che riguarda delle persone, e là ci sono indagini che coinvolgono soggetti ben identificati, con accuse puntuali».

Vabbè andiamo alla sostanza, come nasce l’operazione Sea?

«Abbiamo ricevuto dalla passata gestione un bilancio che prevedeva di incassare dalla vendita delle autostrade Serravalle 170 milioni e che è stata bruciata dalla prima gara che è andata a buca».

Lei aveva detto che la merce in vendita era più o meno una fetecchia, non proprio un modo per stimolare gli acquisti?

«Era evidente che non aveva acquirenti e non li ha avuti neanche quando abbiamo potuto abbassare il prezzo. Nessuno si fa orientare dal giudizio che può essere dato. E poi il venditore non può sbugiardare la sua merce».

Niente Serravalle, ma i quattrini servono?

«Siamo ormai a settembre e avevamo pochissime possibilità di evitare la rottura del patto di stabilità. A quel punto abbiamo instaurato una serie di colloqui per dire che c’era l’opportunità di fare un cosa diversa. In quelle settimane abbiamo ragionato un po’ con tutti i banchieri e le istituzioni finanziarie. Eravamo con tempi stretti, fino a quando il 28 ottobre è giunta la proposta di F2i».

Gamberale l’aveva sentito prima dell’offerta.

«Avevo parlato con tutti. Come noto F2i non è un fondo di privati, non è il fondo Clessidra. L’azionista di riferimento tra l’altro è la Cassa depositi e prestiti, che guarda caso è il braccio operativo del governo Berlusconi e del ministro Tremonti».

E a questo punto che succede?

«Apro un dibattito che porta a un Consiglio comunale che muta profondamente l’offerta».

Sì ma non è chiaro perché Gamberale abbia fatto la sua prima offerta?

«Perché è un fondo che si occupa di infrastrutture che sapeva benissimo che il Comune aveva bisogno di vendere».

Riepilogando. Il consiglio comunale valuta un’offerta non sollecitata di Gamberale, e vara una gara. L’accusa è che sia stata fatta su misura per il fondo di Gamberale?

«Macché, l’abbiamo cambiata in tre punti delicati. Il primo riguardava l’oggetto: la gara metteva dentro Serravalle e Sea. Il secondo il valore. La proposta di F2i prevedeva un esborso di 295 milioni, e noi l’abbiamo trasformati in 340 milioni (c’è un complesso meccanismo finanziario di earn out, ndr). Terza modifica riguarda il problema dei dividendi che devono entrare tutti nelle casse del Comune di Milano. E poi affermiamo il diritto alla prelazione sulle azioni eventualmente cedute dall’aggiudicatario».

Insomma se Gamberale dovesse vendere voi potete ricomprare?

«Sì e non solo. Inoltre se noi decidessimo di andare in Borsa con un flottante importante del 35-36 per cento, potremmo cedere un 25 per cento del Comune, e un 10 per cento del F2i».

Facciamo un passo indietro. Il prezzo a cui avete venduto a Gamberale è in linea con ciò che si sarebbe preso quotando la società in Borsa?

«I valori ipotizzati e i multipli su cui ragionava la Kpmg (consulente della quotazione, ndr) erano inferiori a quanto abbiamo ottenuto noi con la vendita a Gamberale».

Ma se adesso vendete un altro pezzo della Sea, vi perdete il premio di maggioranza? Insomma rischiate di aver venduto il controllo di Sea, in due tranche, senza averne avuto il beneficio economico?

«Ci sono diverse opzioni aperte. La covendita con la Provincia, il collocamento in Borsa con F2i e la vendita di un’altra quota che incorpori un premio di maggioranza».

Quindi c’è sulla carta l’ipotesi di vendere un altro 20 per cento a Gamberale?

«Bisognerebbe metterla a gara, però è chiaro che noi potremmo introdurre un prezzo maggiorato. La mia idea è che scendere sotto il 51 per cento deve essere pagato. Soprattutto se come credo riusciremo nei prossimi giorni a ottenere la firma del nuovo contratto di programma (quello che incrementa tra l’altro le tariffe aeroportuali, ndr)».

Ma lei l’anno scorso aveva detto che il Comune non sarebbe mai sceso sotto il 50 per cento di Sea e ora prospetta un’ipotesi che vi fa calare ulteriormente?

«Nel bilancio del 2012 abbiamo bisogno di risorse per realizzare investimenti: dalle metropolitane all’Housing sociale».

Perché non cedere una quota di A2A?

«Dobbiamo digerire la perdita in azioni Edison, che abbiamo a bilancio a 1,4-1,5, e che i francesi oggi pagano 0,84».

Aumenterete l’aliquota sull’Imu della prima casa?

«Non sulla prima casa, lo faremo sulla seconda».

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