Condividere la propria vita con un figlio autistico è cosa straordinaria. Non dico che sia bella, ma unica questo sì! Riempire gli «spazi» lasciati vuoti dalle emozioni di un altro essere umano richiede tante attenzioni e un impegno che non a tutti è dato, ma che può essere colmato solo con l'amore.
È strano parlare di autismo solo ora, ora che le televisioni (...)
(...) parlano di recenti casi di cronaca, adesso che persino alcuni giudici si sono occupati di questo problema, emettendo una sentenza destinata a far parlare. Una trasmissione, qualche agenzia di stampa, la responsabilità alle vaccinazioni, ma poi torna il silenzio. Il silenzio, quello che ci accompagna da tanti anni, mamme, babbi, fratelli di ragazzi speciali, nati sani, senza altre patologie, ma con la totale disabilità a trasmettere le emozioni. Senza riuscire a dire se si ha caldo, oppure freddo, se si ha fame o sete... Il silenzio come un muro, che noi genitori abbiamo trovato sulla nostra strada creato spesso dalle istituzioni, la scuola in primis, e poi la sanità. Unica terapia, l'amore della famiglia. Spesso uno dei genitori è costretto a lasciare il lavoro per potersi dedicare al proprio figlio, perché più che per ogni altro, è necessario essere circondati da attenzioni e affetto. E quasi sempre quel genitore «coraggioso» è la mamma; si fondano associazioni, si gira da un ospedale all'altro, ma non si abbandona mai quella vita meravigliosa.
Non si possono definire in poche righe tutti i sacrifici, le rinunce, le gioie e le emozioni che si provano in una vita intera. La mia vita, questa sì ricca e piena! Ricca di soddisfazioni, nel sentire parlare, cantare, il proprio figlio costretto al silenzio, nel vederlo camminare, o scrivere il proprio nome. Si nasce ogni giorno, e ogni giorno, si diventa genitori! Ma arriva l'età della «consapevolezza» per non dire la vecchiaia, e pensi a ciò che avverrà... Pensi a quale «pesante eredità» lascerai agli altri. Per te non c'è tempo, quei pochi momenti di relax che ti vengono concessi sono l'unica risorsa per affrontare le sfide del giorno dopo. Poi c'è lo Stato, che non ti riconosce neanche una pensione, perché «tu non hai mai lavorato». E allora aggiungi una nuova preoccupazione a tutto il resto.
Ma non è per questo che scrivo queste righe. Sono consapevole che il mio impegno è stato fondamentale per mia figlia, e soprattutto sono consapevole dei tanti risultati che ho ottenuto, ma voglio, chiedo al mio Stato un riconoscimento per me. Voglio un riconoscimento, tangibile, che non costa niente, ma che per me ha un grande valore. Civile e morale. Chiedo con rispetto e con forte convincimento l'onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Unico vero risarcimento per la mia vita dedicata ad una figlia, nata sana e ammalatasi di autismo «forse» a causa dei vaccini.
Spero che questo non susciti l'ilarità in chi legge, ma aiuti a meditare sui nuovi «alfieri» della quotidianità, quelli che non appaiono sulle prime pagine dei giornali, ma ogni giorno, accarezzando il proprio figlio, e dedicandosi ad esso, danno l'esempio di coraggio a tanti altri.
segue a pagina 11
Cristiano Gatti a pagina 11
di Biancamaria
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