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"Io sotto processo per aver fatto partorire una gatta"

Tenente medico di stanza nel Kosovo, compì il "misfatto" nel maggio scorso Ma lei rilancia: "Se servisse lo rifarei"

"Io sotto processo per aver fatto  partorire una gatta"

Per chi non avesse letto la notizia, Barbara Balanzoni, tenente medico nella base di Pec in Kosovo, è approdata agli «onori» della cronaca, per essere stata accusata, in sostanza, di avere aiutato una gatta a partorire. Ma lasciamo a lei la parola e le chiediamo di riassumere brevemente quanto accaduto quel giorno di maggio 2013.

«Ero nell'infermeria militare, deserta. Ricevo una telefonata di alcuni militari angosciati perché una micia sta piangendo in modo disperato e gira con un feto mezzo fuori e mezzo dentro, rischiando la vita. A questo punto, mancando l'ufficiale veterinario e, sapendo che il capitano medico è presente, decido che, per pochi minuti, posso fare i 150 metri che mi separano dal luogo dove la gatta è in difficoltà, per vedere se posso dare una mano».

E giunta là, cosa vede?

«Una delle tante gatte che girano per la base con questo feto mezzo fuori, che non riusciva a partorire. Ho fatto quello che avrei fatto con un bambino: manovra di rotazione dolce e il feto è uscito. Solo che la gatta, molto spaventata, si è girata e mi ha sfiorato un dito con un dente, lasciando un piccolo segno con un po' di sangue. A quel punto, torno in infermeria e informo il capitano di quanto accaduto. Trattandosi di un gatto considerato randagio, s'impone la vaccinazione antirabbica che va fatta in ambito ospedaliero, quindi vengo inviata all'ospedale militare competente».

Fatta la vaccinazione che succede, quando rientra alla base?

«Al ritorno mi viene notificato l'avvio del procedimento disciplinare da parte del mio comandante, alla presenza del mio diretto superiore».

Motivo?

«Disobbedienza. Ho toccato un animale e non si può. Premetto che nelle basi, per il codice militare, gli animali non dovrebbero esserci e comunque non possono essere toccati, se non dal veterinario. In realtà molti sono addirittura benvoluti, per fortuna, tant'è che io, tutti i giorni per ordine dello stesso comandante, davo da mangiare a quattro cuccioli di cani che abbiamo alla base e che, per un accordo con l'Enpa, saranno rimpatriati in Italia. Aggiungo che il regolamento militare recita che, in caso di assenza del medico veterinario, le sue competenze vengono assunte dal medico chirurgo. Ed è quanto ho fatto».

Giustamente. Tutto qui?

«Non è finita. Dopo qualche giorno si aggiunge un aggravamento della mia disobbedienza».

E cosa ha combinato stavolta?

«Sono andata all'ospedale per fare la vaccinazione usando l'ambulanza autorizzata dal comandante».

E doveva andarci con la bicicletta?

«Ovviamente no, ma secono il capitano medico, quello non era il mezzo da lui autorizzato».

Semplicemente kafkiano.

«Quest'ulteriore disobbedienza reitera il reato compiuto toccando la micia e aggrava il mio fardello penale. Visto che mi accompagnava un infermiere e l'autista, ci mancava che mi contestassero anche il sequestro di persona e forse rischiavo l'ergastolo».

Il 23 dicembre, in tempo di renne, lo Stato Maggiore della Difesa esce con una precisazione sui reati.

«Già, ma solo ingiuria e diffamazione».

Nei confronti di chi?

«Pare un sottufficiale, ma il processo dimostrerà che io non c'entro niente».

Il suo stato d'animo?

«Ci sono rimasta molto male perché sembra che io abbia sfruttato la pietas verso gli animali per coprire chissà quali odiosi e infamanti reati militari. In realtà qualcuno, infamando me, ha infamato l'esercito stesso e ne dovrà rispondere».

Dottoressa, aiuterebbe un'altra gatta sofferente in una base militare?

«Se non ci fossero altre priorità e non mancasse il vetetrinario, non avrei dubbi».

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