Istat Il rapporto annuale 2012

RomaSiamo un popolo di deprivati. Vale a dire di persone che non possono più dare per scontate una casa confortevole, riscaldata, attrezzata e una settimana di ferie all'anno. Quasi 15 milioni di italiani (14,930 milioni) vivono in famiglie che presentano almeno tre dei nove indicatori scelti dall'Istat come segnale di deprivazione, 8,610 milioni in famiglie che ne presentano quattro e che sono perciò gravemente deprivate: il 14,3 per cento del totale nel 2012, più del doppio rispetto al 6,9 registrato dall'istituto di statistica appena due anni prima. E anche il ceto medio, che prima viveva tra due guanciali, inizia a essere lambito dalla crisi. Un quarto degli individui in stato di severa deprivazione materiale l'anno prima di collocava nei quarti statistici di reddito più elevati. È il dato più drammatico dell'edizione 2013 del rapporto annuale sulla situazione del Paese presentata ieri dall'Istat, un libro bianco (o nero?) dell'emergenza e della sofferenza dell'Italia in crisi. Chi prima stava bene ora sta un po' meno bene, chi prima stava appena sopra al livello di sussistenza ora è abbondantemente sotto. E fatica a respirare, a vivere.
Il quadro economico internazionale è depresso e quello nazionale di più: nel 2012 il pil è diminuito del 2,4 per cento in termini reali, frutto in particolare della caduta della domanda interna. A pagare pegno soprattutto le famiglie, il cui potere di acquisto è stato eroso del 4,8 per cento, un crollo eccezionale al culmine di un quinquennio di declino. Le famiglie hanno reagito riducendo dell'1,6 per cento la spesa corrente e dimenticando la tradizionale propensione al risparmio, che con l'8,2 per cento (0,5 meno del 2011 e addirittura 4 meno del 2008) si avvicina ormai ai livelli della Gran Bretagna, tradizionalmente la meno «risparmiosa» d'Europa. Altri dati sparsi: il dramma Mezzogiorno (il 40,1 per cento della popolazione è deprivata), la diminuzione dei consumi alimentari che interessa il 62,3 per cento (il 73 al Sud) delle famiglie, il sempre maggiore ricorso alla spesa negli hard discount (12,3 per cento).
Il mercato del lavoro è angosciante. Nel 2012 l'occupazione è diminuita dello 0,3 rispetto all'anno precedente, lo 0,6 nel Mezzogiorno. Agghiacciante il confronto con il 2008, che pare un'altra era geologica: -2,2 nell'intero Paese, -4,6 nel Sud. Speculare l'aumento della disoccupazione (dal 9,6 del gennaio 2012 all'11,5 del marzo 2013, mentre quella giovanile passa dal 29,3 del 2011 al 35,3 del 2012) e dell'inattività. Se si sommano i disoccupati agli inattivi disposti a lavorare, si ha un esercito di quasi 6 milioni di senza lavoro. In aumento gli occupati a termine (+3,1) e part-time (+4,1), mentre l'occupazione femminile cresce (+1,2) solo per la riforma previdenziale che costringe molte donne a restare al lavoro. Si impenna il ricorso agli ammortizzatori sociali: nel 2012 l'incidenza delle ore di cassa integrazione sulle ore effettivamente lavorate ha raggiunto l'8,27 per cento nelle imprese grandi e il 6,94 nelle imprese medie e piccole.
A proposito di imprese, prevalgono le strategie difensive: mantenere la quota di mercato è prioritario rispetto alla ricerca di nuovi mercati e nuovi prodotti. Bene l'export (+3,7 nel 2012), con un saldo commerciale positivo di 11 miliardi, che salgono a 74 al netto dei costi energetici, al solito zavorra delle imprese made in Italy. La contrazione della domanda interna ha colpito tutti i settori, ma particolarmente costruzioni, agricoltura e industria. A fine 2012 i livelli produttivi sono solo di poco superiori a quelli del 2008-09. La pressione fiscale nel 2012 ha raggiunto il 44 per cento del pil (+1,4) ed è inferiore solo a quella francese. Clamorosi i dati riguardanti i viaggi: -36 per cento tra il 2008 e il 2012, -29,1 le notti trascorse in viaggio.
Eppure, malgrado tutto questo buio, stare qui ci piace: 6,8 è il punteggio medio espresso dagli italiani sulla qualità della propria vita in una scala da 0 a 10.

Una scelta quasi affettiva che però non nasconde il fatto che tra il 2011 e il 2012 la soddisfazione degli italiani per la propria situazione economica è diminuita del 5,7 per cento. Ma quanto potremo andare avanti accontentandoci del sole e della pizza?

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