L’INTERVISTA ALBA PARIETTI

Onorevole Parietti?
«Onorevole Parietti mi piace da morire. Ma non ho nessuna intenzione di candidarmi né di schierarmi».
Ma come?
«Allora, chiariamo una volta per tutte. Klaus Davi ha fatto un sondaggio su un campione di 1000 internauti. Il 75% ha dichiarato di “vedermi bene in politica”. E ho risposto con un tono tra il serio e il provocatorio: “Io in politica? Perché no, tra tre o quattro anni. Non escludo di farlo”. Questo è quello che ho detto».
È bastato a far scoppiare un putiferio: destra e sinistra, i giornali...
«Diciamo che c’è stata una forma di par condicio del maltrattamento».
I più cattivi?
«Voi del Giornale e Repubblica».
Come se lo spiega?
«La sinistra mi ha usato come con la mignotta che si sc... la sera prima e il giorno dopo si fa finta di non conoscere. Ma io non mi meraviglio, non è niente di nuovo. Il paradosso è che io ho sempre difeso gli interessi di una sinistra che non ha mai difeso la mia reputazione, che peraltro è ben salda nonostante le scollature e le minigonne».
E la destra?
«Non mi vede di buon occhio. Come ogni donna che non ha esattamente le caratteristiche di un mostro marino e che tenta di occuparsi di qualcosa in questo Paese fondamentalmente maschilista e cattolico. Io non ho intenzione di sottomettermi a una sorta di travestimento da suora laica o vestale. Forse c’è solo invidia».
Facciamo un giochino. Lei è in Parlamento. Il suo primo disegno di legge.
«La questione morale. Fare una bella pulizia degli sprechi e azzerare i corrotti. Restituire ai cittadini quello che è stato tolto per darlo a parenti e amici. Agire sulle banche che hanno mangiato per anni, arricchendo manager e rovinando un sacco di gente».
E sui diritti civili, aborto, eutanasia?
«Vanno in secondo piano. Prima c’è il diritto a non diventare dei delinquenti per sopravvivere. Certo, se si guarda al caso Englaro, mi sembra che sull’eutanasia siamo molto, molto lontani. Quanto all’aborto, da ragazza ero una trotskista che faceva i picchetti nei consultori, quindi si figuri. Ma prima bisogna pensare alle emergenze. La pubblica amministrazione, la sanità. E ridare agli italiani la dignità attraverso il diritto al lavoro».
Mi sembra un programma ambizioso.
«Non ho detto Porsche per tutti. Ho detto lavoro per tutti. Una cosa da Paese civile».
Qualcuno dice che il nostro non lo è per colpa della tv.
«Guardi, lo sanno tutti. I giornali, gli artisti hanno dei limiti posti dall’editore. Certi nomi non si possono fare, certe cose non si possono dire. È un sistema generale che ci ha reso sordi, muti e ciechi. Non è certo colpa della tv».
È colpa della sinistra? Di Veltroni?
«Io Veltroni l’ho amato, stimato, appoggiato senza essere mai neanche ricambiata per molti anni. È come un genitore che si comporta bene ma non dà la sensazione di amarti. Un po’ naviga a vista, gli gira la testa. Dà un colpo al cerchio e uno alla botte».
Solita storia, manca un leader.
«Manca qualcuno a cui affidarsi, col quale ridere e fare le cose serie. Un padre spirituale. Manca Peppone, che ne so. Ci manca Berlinguer».
Beh, c’è Di Pietro...
«Di Pietro è un estremista che dice delle cose esagerate, violente, al limite del penale. Ma la gente ha bisogno di segnali forti. Come ha fatto la Lega».
Come se ne esce?
«Mettendosi una mano sulla coscienza. Bisogna smetterla con questo atteggiamento iper snob ereditato da Prodi della serie “voi votateci, poi ci pensiamo noi”».
Fini?
«In questo momento quello più a sinistra mi sembra lui».
Berlusconi?
«Non l’ho mai votato, lui lo sa e non me l’ha mai nemmeno rinfacciato. Ma mi ha sempre rispettato. Ha una forza carismatica nonostante certi atteggiamenti ridicoli, fuori luogo, e riscuote una grande simpatia. Ci deve essere una via di mezzo».
Lei?
«Io la mia candidatura l’ho proposta a sfregio. A sfregio. Per dire: voi avete proposto qualcosa di meglio. Allora potrei essere io? Mi auguro che dal cappello esca qualcosa di meglio di me. Sennò mi ripropongo.

E allora facciamo una bella sfida. Io alle primarie mi candido. E così imparano. Tanto, per quell’epoca dovrò allungare per forza le gonne».
Grazie, onorevole Parietti.
«Mi chiami pure premier».
felice.manti@ilgiornale.it

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