L’INTERVISTA L’ESPERTO

«Un Paese che non produce brevetti o che ne produce troppo pochi è tagliato fuori dall’innovazione, ma anche dall’economia». Parola di Giovan Battista Cozzone, uno degli specialisti più qualificati in materia di proprietà intellettuali ed esperto di rapporti industriali. Secondo l’esperto, oltre al danno culturale, la mancanza d’innovazione significa mancanza di energia per competere sul piano internazionale, per produrre conoscenza e competenze, ma soprattutto significa vivere la scienza a metà, una scienza cui manca l’anima che le permette di tradursi in trasferimento tecnologico, significa rendere impossibile nel nostro Paese la crescita sia delle biotecnologie sia di brevetti che sopravvivono.
Dottor Cozzone, chi produce brevetti nel nostro Paese?
«Soprattutto l’industria privata. E soprattutto nel Nord, dove più che nel resto d’Italia è stato messo in piedi un quadro organizzativo e di competenze che permette lo sviluppo brevettuale delle invenzioni, un mestiere a parte, un sapere distinto».
E questo è vero anche dopo la Legge Tremonti?
«Sì, è vero ancora. L’87% dei brevetti è depositato al Nord dove si trova anche l’82% dall’industria. La situazione era già abissale prima della legge, ma dopo l’introduzione della Tremonti bis, il settore pubblico aveva fatto registrare forti segnali di ripresa. I ricercatori pubblici e anche quelli del Centro-sud avevano cominciato a costruire le basi per il trasferimento tecnologico delle proprie invenzioni, muovendo finalmente un quadro consolidato da anni e che tutti davano ormai per scontato che non si sarebbe mai mosso».
E adesso? Se cambia la norma?
«Il numero di brevetti calerà presumibilmente soprattutto al Sud, già in posizione di forte svantaggio rispetto al Nord e tutti gli accordi che ne derivano. La crescita degli spin-off, le nuove società innovative che nascono per iniziativa dei ricercatori e che danno lavoro altamente qualificato, rallenterà la corsa».
Quindi?
«Sostanzialmente significa che la corsa innescata dalla legge Tremonti per ridurre il gap tecnologico che l’Italia ha nei confronti di altre economie avanzate potrebbe bloccarsi. Gli spin-off sono il seme da cui nascono nuove industrie innovative. Senza spin-off lo sviluppo industriale nei settori high-tech ne soffrirà. Anche l’industria italiana ne soffrirà, poiché mancherà una fonte importante di nuovi prodotti. La ricerca pubblica non troverà sbocco sul mercato. Un paradosso se si pensa che si tratta di quella ricerca che nasce e viene finanziata per produrre frutti utili a tutto il Paese».
E nel panorama internazionale come siamo posizionati?
«Nella classifica mondiale dei brevetti internazionali depositati da inventori italiani siamo al 12° posto. In quella europea siamo all’ottavo. Non c’è da festeggiare. Ma soprattutto non c’è da ridiscutere una norma che aveva fatto crescere significativamente il numero di brevetti. Anzi, bisognerebbe migliorarla ulteriormente».
Quindi negli altri Paesi i ricercatori del settore pubblico possono brevettare?
«La situazione non è omogenea, però va detto che i ricercatori dei Paesi europei dove l’industria high-tech si è sviluppata, nella maggior parte dei casi, partono da un altro contesto, da situazioni più favorevoli, anche economicamente, poiché hanno più finanziamenti per la ricerca e un sistema-ricerca globalmente più in salute. A noi tocca ancora recuperare, e gli effetti di questa legge indicano chiaramente un forte recupero, soprattutto negli ultimi anni. Occorre ancora tempo per vederne effetti duraturi nel sistema. Poi forse dopo si potrà cambiare. La legge Tremonti nacque per dare una scossa al sistema che al tempo era fermo. L’ha data e il sistema sta migliorando. Il ritorno al passato rischia di bloccare tutto».
Il professor Garaci (vedi articolo sopra, ndr) parlava di stanziare maggiori fondi per sostenere gli iter brevettuali. Quanto potrebbe costare questo sostegno?
«Nel pubblico, nel decidere di brevettare, bisogna mettere in conto una somma di circa 20mila euro per brevetto. Con tale somma si coprono le spese del deposito iniziale e la sua estensione a livello internazionale. Si guadagnano due-tre anni di tempo prima di decidere se continuare a spendere, nel tentativo di collocarlo sul mercato attraverso accordi industriali o con la costituzione di uno spin-off, o abbandonarlo.

Nel 2007, con cinque milioni di euro si sarebbero coperti i costi di tutto il sistema universitario che in quell’anno ha prodotto circa 500 brevetti. Oggi penso che con 10 milioni di euro si potrebbero coprire i costi di brevettazione di tutto il sistema della ricerca pubblica italiana. Una goccia nel mare dei costi dell’intero sistema».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica