L’intervista Roberto Formigoni

Milano«La casa sta bruciando ed è giusto spegnere l’incendio. Ma basta usare soltanto l’acqua delle Regioni. Non abbiamo più nulla da dare».
Presidente Roberto Formigoni, tutti così se c’è da metter mano al portafoglio.
«I conti sono facili da fare. Dalle Regioni già nella manovra di luglio si pretendeva il 50 per cento, mentre il nostro peso sulla spesa pubblica è di appena il 16».
Forse c’era qualche spreco di troppo.
«Nessuno spreco. E soprattutto ricordo che questa è una manovra pazzesca perché per noi è la terza in 12 mesi».
Lei cosa chiede?
«Azzerare i tagli. C’è una sproporzione assoluta. In Lombardia abbiamo già fatto i salti mortali per garantire i trasporti. Con biglietti aumentati del 20 per cento».
Fanno 1,6 miliardi di euro per le Regioni a statuto ordinario e 2 per quelle a statuto speciale. Dove si va a prenderli?
«Ritoccando l’Iva. Un provvedimento doloroso, ma che evita l’evasione. E poi contributo di solidarietà, pensioni».
Sono interventi già inseriti nel decreto anti crisi. I tagli alle Regioni sono in più.
«Invece di trovare lì 8 milioni, troviamone 11 o 12 ed evitiamo di massacrare sempre gli stessi. Ci vuole un po’ di equità».
Significa abbassare il tetto per il contributo di solidarietà fissato a 90mila euro. E magari toccare anche le pensioni.
«Non ho le cifre, vanno fatti conti. Perché i cittadini devono sapere che altrimenti i tagli morderanno la loro carne. Il presidente Silvio Berlusconi ci pensi bene».
Glielo dirà?
«Gli ho già parlato. Mi ha ascoltato con attenzione. E mi hanno ascoltato anche i ministri. Il decreto non è blindato, abbiamo sessanta giorni per intervenire».
Sembra che lei si voglia sottrarre in un momento di difficoltà del Paese.
«Noi abbiamo sempre fatto la nostra parte. E anche questa volta la faremo. Fino in fondo, ma dobbiamo lavorare perché i sacrifici siano equamente ripartiti».
Bisogna tagliare le pensioni?
«Ma no. Semplicemente innalzare l’età pensionabile ai parametri europei».
Basterà?
«Forse dare una sforbiciata a quelle più alte. Sarebbe un segnale apprezzato dai mercati».
Non c’è il rischio che i tagli abbiano effetti depressivi?
«E infatti ho chiesto di modificare il patto di stabilità. Una regione virtuosa come la Lombardia, ha in cassa 4,5 miliardi di euro che non può spendere. Magari in infrastrutture. Sarebbe ossigeno per l’economia».
Ci sono i costi della politica.
«Regione Lombardia ha solo 12 auto blu. E ci sono la semplificazione e la sburocratizzazione in cui siamo impegnati da anni. Riforme importanti. A costo zero».
C’è il rischio di nuove tasse locali.
«Nessuna possibilità di introdurne. Ci hanno tolto anche l’autonomia fiscale».
Il ministro Giulio Tremonti parla di un anticipo del federalismo fiscale.
«Con questi tagli possiamo sicuramente dire che il federalismo fiscale è morto».
Perché è morto?
«Lo dico con dolore, perché con Bossi ci credo. Lo ha ucciso già a luglio l’azzeramento dei trasferimenti dallo Stato».
La Lega si è infuriata con lei.
«Bisogna avere il coraggio di dire la verità. Non nascondiamoci. Dobbiamo ripartire, i cittadini han bisogno del federalismo».
C’è altro?
«L’accorpamento delle Regioni. Regioni più grandi con maggiori poteri. Se ne parla anche con i lander in Germania».
I soldi per la sanità sono salvi.


«Hanno già tagliato quando hanno deciso di non adeguare il fondo all’inflazione. Oggi che corre vuol dire un 2 per cento all’anno in meno. Che altro devono fare?».
Una sua proposta?
«Togliere il ticket sanitario aumentando l’accisa sul tabacco».

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