Roma - Più che una sfida sembra un ricatto quello di Elsa Fornero, ministro del Lavoro, ai sindacati. Una cosa del tipo dare soldi, vedere cammello. Nella fattispecie il cammello è rappresentato dal sì delle parti sociali alla riforma del mercato del lavoro - compresa la maggiore facilità di licenziamento - e i soldi sono addirittura «paccate di miliardi», secondo la fumettistica espressione utilizzata dalla stessa ministra, in versione decisamente pop.
Insomma, le chiacchiere stanno a zero, per adeguarci allo slang fornerese. «Se ci sarà un accordo più avanzato mi impegno a trovare risorse più adeguate e fare in modo che questo meccanismo di ammortizzatori e questo mercato del lavoro funzionino abbastanza bene - puntualizza il ministro a margine di un incontro alla Farnesina - È chiaro però che se uno comincia a dire no perché dovremmo mettere sul tavolo una paccata di miliardi e dire: voi diteci di sì? Non si fa così». La ministra si dice anche delusa per non aver sentito lunedì al termine della riunione con le parti sociali nemmeno «mezza parola di apprezzamento» sull’impegno rispettato dal governo di non aver tolto risorse all’assistenza per finanziare i nuovi ammortizzatori. Malgrado ciò, barra a dritta: «Vogliamo chiudere molto in fretta la riforma del mercato del lavoro». Mercato che, alla fine della fiera, sarà più inclusivo e dinamico, e con un «minore tasso di disoccupazione strutturale» grazie a «maggiore facilità di entrata e un po’ più di facilità di uscita». Parola chiave di tutto è «inclusione invece di segmentazione. Vuol dire dare effettiva parità di accesso al mercato del lavoro. Significa smantellare le protezioni che si sono costituite che spesso sono state motivate da buoni principi ma che hanno implicazioni di conservatorismo molto forte fino alla difesa dei privilegi». Anche se «non siamo così ingenui da pensare che la riforma del mercato del lavoro farà ripartire immediatamente la crescita e l’occupazione ma è un prerequisito fondamentale».
Naturalmente i modi spicci dello sceriffo Elsa piacciono poco alla sinistra. «Basta negoziato, serve lo sciopero generale contro il governo. Alla ministra Fornero interessa solo la libertà di licenziamento individuale e collettiva e i soldi li vuole dare solo per ottenere la complicità dei sindacati nel garantire i licenziamenti», alza la voce Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista-Fds. «La battuta del ministro Fornero è talmente grossolana che non solo non fa ridere nessuno, ma offende in maniera pesante i lavoratori che stanno già pagando abbondantemente questa crisi», commenta sul suo profilo Facebook il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. Si indigna con compostezza anche Nichi Vendola, presidente di Sel: «Dietro le cadute di stile del ministro Fornero si nasconde un’impressionante ossessione ideologica: rompere un fondamento della nostra storia sociale e democratica. Mi chiedo se la tecnica dell’arroganza appartenga alle specialità di un governo tecnico». E c’è un po’ di imbarazzo anche nel Pd, per la forma più che per la sostanza: «Il governo usa metodi inconsueti per fare le trattative.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.