L'Apocalisse tra 16 miliardi di anni. Ma l'uomo non la vedrà

I vecchi Maya, al confronto degli scienziati, erano dei dilettanti. Ma è meglio dirlo sottovoce, oppure, meglio ancora, aspettare il 22 dicembre prossimo, quando il mondo (si spera...) non sarà stato azzerato e dunque avremo la prova provata, tangibile, che la loro profezia s'è rivelata un buco nell'acqua.
I vecchi Maya sono dei dilettanti soprattutto al confronto con un altro popolo storicamente incline a calcoli, pratici o astrusi: i cinesi. Sono stati infatti i fisici teorici (molto teorici) dell'Accademia cinese delle scienze a fissare, con una precisione spannometrica su cui volentieri chiudiamo un occhio e magari anche due, che la fine dell'Universo avverrà fra 16,7 miliardi di anni. Siamo a distanza di sicurezza, quindi, e con noi lo sono i nostri figli, nipoti e pronipoti. Tuttavia la notizia resta preoccupante, perché quel numero freddo e banale, visto da qui, dall'altrettanto banale 23 luglio 2012, fa impressione.
Sapere (pur se in linea teorica) che a un certo punto Tutto dovrà chiudere baracca e burattini fa correre un brivido lungo la schiena. Ma fra le pieghe del più grande scoop negativo della Storia, gli ottimisti possono intravvedere persino un bicchiere mezzo pieno. Spiegano infatti i capoccioni cinesi che alla Terra il Destino (ma gli scienziati solitamente non amano parlare di questo loro ingombrante competitor, peraltro privo di titoli accademici) ha riservato un trattamento di favore. Per il semplice fatto che il nostro pianeta, che a quel tempo non sarà più né nostro né di nessun altro, finirà 16 minuti prima del «The End». Certo, aritmeticamente parlando, togliere la miseria di 16 minuti a 16,7 miliardi di anni non cambia granché. Però è una magra consolazione, una consolazione altrettanto teorica.
Gli studiosi cinesi hanno pubblicato il risultato dei loro calcoli sulla rivista Science China. Nello scenario apocalittico si parla di un lento, graduale e inesorabile «strappo» provocato dall'energia oscura, ossia la forma ancora misteriosa di energia che costituisce il «motore» dell'espansione dell'Universo e che lo occupa per ben il 70 per cento del totale. Insomma, l'energia oscura porterà l'Universo a espandersi fino a provocare una serie di «strappi» che lo ridurranno in brandelli come un vestito lacerato dall'usura e dalle intemperie cosmiche.
Lo studio ha stimato i tempi di una delle più importanti ipotesi sul destino finale dell'Universo proposta nel 2003, la teoria del «Big Rip» o Grande Strappo. Secondo la cronologia del fenomeno dovuto all'espansione accelerata dell'Universo, a sua volta causata dalla presenza dell'energia oscura, lo «smembramento» della Via Lattea avverrà 32,9 milioni di anni prima della fine, e la dissoluzione del nostro pianeta appena 16 minuti prima della morte dell'Universo.


La teoria, del resto, ha sempre ragione, fino a quando la pratica non si degna di smentirla. Quando poi, in questo caso-limite, non sarà rimasto nessuno in grado di sbugiardarla, si terrà la sua ragione ma non potrà nemmeno lei sfuggire al comune destino. Sparirà con tutto il resto in un batter d'occhi.

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