L'architetto che governa l'archivio delle passioni

Svelate la vostra: in palio premi per 26mila euro. Il primo a un contadino che ricostruiva in scala (per due passeggeri) le navi da guerra affondate

Giorgio Cattelan
Giorgio Cattelan

Per Søren Kier-kegaard la più alta passione di una persona era rappresentata dalla fede. «Ci sono forse in ogni generazione molti uomini che non arrivano fino a essa, ma nessuno che vada al di là», scrisse nell'epilogo di Timore e tremore. Se il filosofo danese fosse vissuto ai nostri giorni e avesse visitato il Belpaese, sarebbe rimasto sbalordito dalle passioni supreme che ardono in petto agli italiani. Stefano Todisco di Lecce ha predisposto un kit per realizzare una «discoteca in scatola» fruibile da due persone. Maurizio Menestrina di Ville di Giovo (Trento) recupera dalle discariche vecchi water che vengono restaurati, decorati e venduti per beneficenza. Cristina Maccioni di Albisola Superiore (Savona) realizza torte di gesso. Roberto Regnoli di Termoli (Campobasso) colleziona i messaggi in bottiglia affidati al mare. Valeria Di Pato di Cercola (Napoli) è una paladina del tango e dei suoi effetti benefici sulla salute. Giovanni Giaretta di Padova raccoglie frame tratti da film di gangster. Giuseppe Aprile di Frascati (Roma) medita una spedizione per far riemergere il relitto del transatlantico Andrea Doria dal fondo dell'Atlantico. Franca Berbenni di Mediglia (Milano) presta libri in cambio di un commento sui medesimi. Damiano Mazzotti di Faenza (Ravenna) trascrive e archivia Sms. Michela Del Degan di Bologna s'è specializzata in opere d'arte ispirate alle forme degli organi del corpo umano. Thomas Pololi di Milano esamina le emozioni cinematografiche tramite camere termosensibili. Salvatore Cardile di Grassobbio (Bergamo) è convinto di poter prevedere i terremoti sulla base delle lunazioni.
L'archivio delle passioni italiche è custodito in un'anonima palazzina all'introvabile numero 23/a di via Stazione, meglio nota come Bahnhofstraße, considerato che ci troviamo a Laives (o Leifers), cittadina di 17.000 abitanti alle porte di Bolzano. Qui ha sede la segreteria del premio europeo alle passioni La Seconda Luna, che viene bandito quando Comune, Provincia autonoma, Regione e Cassa di risparmio sganciano quattrini a sufficienza per organizzarlo. Vale a dire 26.000 euro solo di montepremi. Ai quali però vanno aggiunti gli stipendi per il personale di segreteria (quattro persone) e i gettoni per i cinque agenti residenti in Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e Polonia che hanno il compito di cercare potenziali candidati nelle principali aree linguistiche europee. Già, perché se l'appassionato sale sul podio, a chiunque lo abbia segnalato viene riconosciuto un contributo pari al 10 per cento. Nel caso del primo premio, sono 800 euro, dal momento che al vincitore ne spettano 8.000.
L'unico che non becca un centesimo è il presidente del comitato organizzatore, Giorgio Cattelan, 67 anni, l'architetto in pensione che nel 2008 ha messo in piedi questo ambaradan con l'aiuto del direttore artistico Denis Isaia, inventore di eventi segnalatogli dall'assessorato alla Cultura dell'onnipotente Provincia autonoma di Bolzano. La giuria è presieduta dal giornalista Federico Taddia, conduttore di Rai 3, Radio 2 e Radio 24, che collabora anche alla stesura dei testi di Fiorello.
In questi quattro anni s'è tenuta un'unica edizione della Seconda Luna, la prima, nel 2008, e ha avuto un successo travolgente: 1.024 partecipanti dalla sola Italia. La seconda, aperta all'intera Europa, è in programma per quest'anno. La preiscrizione sul sito www.lasecondaluna.it è gratuita e scade il 16 ottobre (già oltre 150 le adesioni pervenute). Entro il 31 dello stesso mese i concorrenti dovranno inviare il materiale che documenta la loro passione segreta. «Purtroppo la volta scorsa le 20 segnalazioni dei migliori candidati arrivarono fuori tempo massimo e quindi furono bocciate», si rammarica Cattelan. Una conferma che genio e sregolatezza vanno d'accordo. Fra questi, spiccava la figura di Ettore Guatelli, oggi scomparso, un contadino diventato maestro elementare grazie all'aiuto del poeta Attilio Bertolucci, che nella sua Ozzano Taro (Parma) ha fondato il museo omonimo, da lui definito «museo del quotidiano», e anche «museo dell'ovvio», perché custodisce 60.000 oggetti della defunta civiltà contadina.
Non che il vincitore della prima edizione del premio europeo alle passioni fosse meno degno. Si trattava di Alois Clementi, un altro contadino ultraottantenne residente proprio a Laives, anch'egli oggi defunto, che per tutta la vita ha ricostruito in scala navi da guerra di grandi dimensioni, perfettamente funzionanti.
Piuttosto bizzarra, come passione.
«Se una nipote non lo avesse iscritto di nascosto, non sarebbe mai stato premiato. Clementi riteneva la guerra la più grande tragedia dell'umanità e le navi affondate in guerra una tragedia nella tragedia. Per questo dal 1962 in poi ha realizzato 11 modelli in scale variabili da 1:80 a 1:30. Poi li metteva in acqua nel lago di Caldaro. Sulla riproduzione della corazzata tedesca Bismarck colata a picco dalla Royal Navy britannica nel 1941, lunga quasi 9 metri, pesante 1.500 chili e dotata di un motore da 38 cavalli, possono prendere posto due persone. Idem sulla giapponese Yamato affondata dagli americani nel 1945, lunga 10 metri. Ora sono custodite al Museo storico italiano della guerra, a Rovereto».
Il secondo premio a chi l'avete dato?
«Ad Andrea Caputo di Cesena, che dall'età di 13 anni ha la passione di fotografare e catalogare i graffiti urbani. Il suo archivio è divenuto ancora più imponente dopo gli studi di architettura presso l'Università di Ferrara, l'University of technology di Delft e il Netherlands architecture institute di Rotterdam. Questa ricerca sul writing è all'origine di All city writers, un volume di 410 pagine che esplora un trentennio di graffiti, dalla metropolitana di New York alle capitali europee».
Terzo premio?
«A Vittorio Napoli. È un signore nato a Salerno nel 1957, che ha la passione di percorrere a piedi e a nuoto l'intera linea costiera italiana. Siccome s'è laureato in fisica con una tesi sul Sole e la sua energia, nel 1995 ha anche viaggiato con mezzi pubblici da Trento ad Agra, in India, per vedere le eclissi solari. Nel 2001 è ripartito da Trento per arrivare nel Gabon ancora con mezzi pubblici e bici pieghevole».
E poi c'è il premio speciale per l'innovazione scientifica.
«Il primo lo abbiamo assegnato ad Andrea Giacomelli e Francesco Giubbilini, ingegneri con la passione di mappare il buio presente sul territorio, per lo meno quel poco che ancora rimane nelle nostre città ormai illuminate a giorno anche di notte».
La Seconda Luna ringrazia.
«Abbiamo scelto di dare questo nome al concorso perché le passioni degli uomini sono come la faccia nascosta della Luna. Ciascuno ne ha una, che quasi sempre tiene per sé».
La sua qual è?
«Niente di speciale. Sono nato a Chiusa. Vivo da sempre a Laives. Sono figlio di un ferroviere che lavorava sul trenino della Val Gardena e di una casalinga. Ho sposato una commessa. Ho un figlio ingegnere e uno macchinista. Sono nonno di una bella nipotina. Non ho mai progettato un edificio per una società immobiliare perché nel mio lavoro di architetto dovevo vedere in faccia il committente».
E quindi?
«Che passione può avere un uomo così normale? Canto».
Da solo?
«No, da basso, nel coro Monti Pallidi di Laives. Siamo in 36, compresi quattro bimbi. Mi sono reso conto che la passione più diffusa, ma meno coltivata, è quella dello stare insieme. Qui in paese abbiamo una delle migliori filodrammatiche d'Italia, da ottobre a marzo organizza una rassegna di teatro dialettale con compagnie che arrivano da tutte le regioni. Ma anche le frazioni di Pineta e di San Giacomo hanno la loro filodrammatica. E altre due la popolazione di lingua tedesca. Tant'è che il comitato La Seconda Luna ora ha in animo di costruire il Rifugio delle passioni».
Vale a dire?
«Un luogo dove coloro che coltivano qualche interesse solitario possano riunirsi».
Chi è la persona più appassionata che ha conosciuto?
«Gino Coseri, un operaio morto a 76 anni che ha donato tutto se stesso alla comunità di Laives: è stato capocomico e sire del carnevale, ha fondato la filodrammatica e la sezione degli alpini, ha organizzato i circoli ricreativi e i campeggi per la gioventù».
Quanti dipendenti aveva nel suo studio d'architetto?
«Cinque».
Da ex imprenditore, mi dica: sono incentivate le passioni in azienda oppure chi comanda frena i dipendenti che manifestano troppo entusiasmo, nel timore che rompano gli equilibri?
«Mi sono sempre considerato un artigiano. Pignolissimo nel lavoro, ma capace di lasciare libertà assoluta. I miei collaboratori facevano quello che volevano. Se un giorno non se la sentivano di venire in ufficio, stavano a casa. Ma se eravamo sotto pressione, si presentavano al lavoro anche la domenica senza bisogno di chiederglielo. Contava solo il risultato finale».
Che consigli darebbe a un giovane appassionato ma senza lavoro?
«Uno solo: di accettare qualsiasi lavoro. Quello che sognano, verrà da sé. Io ho cominciato a 16 anni e certo non costruivo case, bensì cassette di legno per la frutta in una falegnameria. Ci davano 1 lira per la testa, 2 lire per il fianco, 3 lire per il fondo. Se eri svelto, potevi ricavarci 200 o 300 lire al giorno, sto parlando del 1961, quindi, a valori di oggi, meno di 4 euro. In quello stesso anno mio fratello Pietro, che era nato nel 1940, morì nel giro di un mese per un tumore. Io ero stato obbligato a iscrivermi come lui all'istituto tecnico industriale. Dovetti lasciare i libri e trovarmi un posto a Bolzano, nello studio tecnico di Giancarlo De Rivo. Una delle persone più importanti della mia vita. Mi ha insegnato a lavorare, pretendeva molto, però a 17 anni mi ha messo in mano l'ufficio. E così più avanti ho potuto scegliere la scuola che mi piaceva, il liceo artistico, e poi iscrivermi allo Iuav di Venezia e laurearmi in architettura».
Sa fornirmi una definizione di «passione»?
«È difficile. Spesso si tratta di un impulso molto piccolo, all'apparenza insignificante, ma che dà un senso alla vita. Oltre al canto, io coltivo la passione dell'osservare. Cammino nei boschi e nelle coltivazioni di meli e guardo che cosa fa l'ape, per esempio. E sono arrivato alla conclusione che senza la passione dell'ape per i fiori non esisterebbe la natura. Abbiamo il paradiso qui in terra ma non ce ne accorgiamo. Siamo distolti da un frastuono di fatti privi d'importanza. L'unico animale che può diventare una bestia è l'uomo, c'è poco da fare».
Vada a dirlo a un gatto che tenta di mangiare nella ciotola di un cane: come minimo finisce con la colonna vertebrale spezzata.
«Ma quando il cane è sazio, lascia che anche il gatto mangi. L'uomo no. Vuole tutto per sé».
La passione comunque può travolgere.
«Non la passione: l'egoismo, la bramosia di possesso».
La politica può diventare una passione?
«Dovrebbe essere solo questo. L'ultimo che l'ha fatta per passione è stato Alcide De Gasperi, e glielo dice uno che ha militato nella Dc senza avere cariche pubbliche, perché questo dovrebbe essere la politica: dedicare un pezzo della tua vita agli altri. Quando il 19 agosto 1954 lo statista morì a Borgo Valsugana, fu una delle rare volte che vidi mio padre piangere. Ma come De Gasperi potrei citare gli opposti, Palmiro Togliatti e Giorgio Almirante, leader per passione, con un elevato senso dello Stato. Oggi la politica s'è ridotta a due categorie: “per me” o “contro di me”. Non ne faccio una colpa a segretari di partito, deputati e senatori, sa? È il disfacimento della famiglia, la cellula vitale di ogni società civilmente ordinata, che ha mandato a remengo la politica».
Mario Monti le sembra appassionato?
«Non so se sia appassionato. È necessario. Ma per l'Italia ci vorrebbe più che altro un commissario straordinario».
E Beppe Grillo?
«Mi sembra solo un comico fallito. Fa il paio con Antonio Di Pietro, un magistrato altrettanto fallito che è la rovina dell'Italia. Un moralista ipocrita che faceva le bucce a Umberto Bossi per il Trota e intanto calava dall'alto la candidatura di suo figlio Cristiano in Molise».
Potrebbe avere qualche speranza di concorrere alla Seconda Luna anche Maurizio Zanfanti, detto Zanza, latin lover che intervistai a Rimini, il quale a ogni estate s'accendeva di passione per le turiste e ne conquistava almeno 300?
«No, perché quello è un tipo di passione che accomuna l'intero genere umano. Manca il requisito dell'unicità».


Comunque Oscar Wilde diceva che la grande passione è il privilegio di coloro che non hanno altro da fare nella vita.
«È un po' così. Ma sapesse che bel privilegio è coltivarne una».
(611. Continua)
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

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