L'asso nella manica del Colle rianima il partito dopo il flop del segretario le reazioni

RomaForse non ci sarà un «piano B» come sosteneva incessantemente Pier Luigi Bersani, quasi fosse un mantra, ancora qualche giorno fa. L'asso uscito dalla manica di Napolitano, però, rappresenta una valida alternativa alla proposta bersaniana. Restare in carica fino alla fine del mandato e affidare alla Commissione di «saggi» il compito di rimettere in moto le riforme necessarie per risolvere i problemi urgenti del Paese, rappresenta insomma un'ottima exit strategy per il Pd, costretto ad annaspare in un vicolo cieco. Ecco perché tutto il partito mostra sobrio entusiasmo (leggi: malcelato sollievo) alla mossa del Colle. A iniziare proprio dal segretario Bersani, che giudica la mossa di Napolitano «un segnale di stabilità e di continuità con le nostre istituzioni». Lo stesso leader del Pd ora può guardare con maggiore serenità all'immediato futuro e dire con ritrovata sicurezza: «Siamo pronti ad accompagnare responsabilmente il percorso che il capo dello Stato ha indicato». D'altronde una parte del Pd da tempo si mostrava insofferente verso le iniziali aperture ai grillini del segretario. A cominciare da Beppe Fioroni che ieri, una volta registrata la novità quirinalizia, ha affermato: «Basta coi regali a Grillo, questa proposta di Napolitano va presa al volo e sostenuta». Intervistato da SkyTg24, anche il capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, promuove a pieni voti l'idea di Napolitano che, dice, «supporteremo al massimo».
Per mimetizzare il sollievo (pardon: entusiasmo), i dirigenti del Partito democratico mettono subito le mani avanti su possibili semplificazioni giornalistiche. «Non è una prova di governissimo - spiega il deputato Angelo Rughetti - ma una supplenza al vuoto di decisione che potrebbe creare problemi seri di tenuta economica e sociale».
Ovviamente l'entusiasmo (leggi sempre: sollievo) dei dirigenti del Pd nei confronti del loro padre nobile, e ora inquilino del Colle, può raggiungere vette poetiche finora mai raggiunte. Come nel caso di Walter Verini, deputato e membro della Direzione del partito che spiega: «È grazie a lui (Napolitano, ndr) che il Paese ha evitato il baratro e il dissesto istituzionale». Verini poi definisce il presidente Napolitano nientemeno che «stella polare» della nostra povera Italia. Ed è un modo, questo, per far sì che ci si concentri sulla soluzione ottenuta ieri dall'inquilino del Colle ma non si dimentichi la prossima e più spinosa scadenza della direzione del partito convocata a metà della prossima settimana. Un'occasione questa che potrebbe scatenare le forze centrifughe del partito, diviso sul modo di gestire questa crisi di inizio legislatura. A mettere il dito nella piaga ci pensa il renziano Matteo Richetti che spiega l'urgenza del confronto interno: «Dobbiamo tornare ad analizzare il voto. D'altronde abbiamo perso tre milioni di elettori. Insomma la nostra proposta politica non ha funzionato». E in attesa della direzione, il dibattito si scatena sul web. «Larghe intese per via istituzionale - cinguetta su Twitter Antonello Giacomelli, braccio destro di Franceschini - Vorrei chiedere a chi le ha impedite per via politica se è soddisfatto».

Anche il veltroniano Salvatore Vassallo lancia accuse velate a Bersani e al suo «piano A». «Speriamo che il piano di Napolitano - tuona Vassallo, anch'egli membro della direzione - riesca a ricondurre alla ragione le mine vaganti».

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