RomaL’elenco è chiuso in un cassetto, pronto per esser tirato fuori al momento giusto. Quando la lega del triumvirato diventerà quella di Roberto Maroni. Nella lista di proscrizione ci sono tutti: cerchisti, tesorieri, laureati a pie’ di lista, badanti, quelli che a Gemonio erano di casa. Tutti accusati di complicità con quanti, dopo la malattia di Umberto Bossi, con la scusa di proteggerlo, gli avrebbero ostruito la visuale, impedendogli di rendersi conto di quanto avveniva attorno a lui. Tutti colpevoli per aver trascinato Alberto da Giussano nel fango. Per aver reso ormai impronunciabili slogan come «Roma ladrona», che hanno fatto per l’identità leghista più di mille comizi.
La «black list» di Maroni è ricca. Al primo posto, sbianchettati Bossi senior e junior, c’è Rosi Mauro, donna chiave degli ultimi anni di Carroccio e dell’inchiesta che lo sta sgretolando. La «pasionaria», la «nera», la «badante» (di Bossi senior, s’intende), capace di passare in pochi anni dall’anonimato allo scranno di vicepresidente del Senato, assisa sul quale si è resa protagonista di alcuni esilaranti show, sente il cerchio (niente affatto magico) stringerle la gola e non si vede come potrà salvarsi. Grande amica della signora Bossi, Manuela Marrone - anch’essa virata seppia, ma senza cariche ufficiali da mettere in discussione - la Rosi probabilmente già domani, nel corso della prima riunione del triumvirato Maroni-Calderoli-Dal Lago, potrebbe sentirsi rivolgere l’aut aut: chiarisci o dimettiti. Da presidente del Senato, ma anche dal partito.
Con lei, nella Lega in rosa accusata di avere soffocato di un affetto non sempre disinteressato il Senatùr, ci sono Paola Goisis, deputata padovana di 65 anni che non ha esitato ad accusare di slealtà Maroni («ha pugnalato alle spalle Umberto»); Francesca Martini, bionda sottosegretaria del governo Berlusconi e antimaroniana di ferro, tanto da brillare per l’assenza alla presentazione della candidatura del pupillo di «Bobo», Flavio Tosi, a sindaco della sua città, Verona; e la deputata Carolina Lussana, di cui si dice che sia molto vicina al cerchio magico e molto lontana dalle vicende padane dopo le nozze con il deputato calabrese del Pdl Giuseppe Galati.
C’è poi l’altra «family» leghista, quella che fa capo a Marco Reguzzoni, ex capogruppo leghista alla Camera. Lambito dalle indagini e con il peccato originale di aver dedicato alla Marrone, alla Mauro e al «Trota» pagine tra le più liriche del suo libro Gente del Nord, Reguzzoni starebbe cercando di smarcarsi in extremis dall’etichetta di cerchista, sbandierando una propria autonomia. Se dovesse cadere in disgrazia, potrebbe trascinare con sé la sorella Paola, amministratore delegato dell’Agesp, società multiservizi di Busto Arsizio e vista in via Bellerio a dare del Giuda a Maroni nella sera delle dimissioni di Bossi senior. E anche l’eurodeputato Francesco Speroni, che di Reguzzoni è suocero.
Ma la lista dei tremebondi è ancora lunga. Comprende il presidente dei senatori leghisti Federico Bricolo, anche lui in cerca di un varco nel cuore di Maroni; e poi i senatori Giovanni Torri e Lorenzo Bodega, i deputati Marco Desiderati - che, ironia della sorte, ha sostituito a Montecitorio il maroniano Matteo Salvini - Alberto Torazzi, Giacomo Chiappori e Alessandro Montagnoli, il consigliere regionale lombardo Giangiacomo Longoni, l’assessore al Pirellone Monica Rizzi, il sindaco di Treviso Gian Paolo Gobbo, il segretario della Lega a Varese Maurilio Canton, vicinissimo al cerchio magico e anche lui accusatore del «Giuda» Maroni.
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