Cronache

Processo Meredith, Lele e Amanda condannati ma liberi

La giustizia cambia ancora idea dopo il quinto processo: 28 anni a lei, 25 a lui. Ma niente arresto. Per Sollecito divieto d'espatrio

 Amanda Knox e Raffaele Sollecito al termine della lettura della sentenza nell'aula del tribunale di Perugia, il 03 ottobre 2011
Amanda Knox e Raffaele Sollecito al termine della lettura della sentenza nell'aula del tribunale di Perugia, il 03 ottobre 2011

Firenze - Colpevoli. Allo stesso modo. Sei anni, due mesi e 29 giorni dopo quella maledetta notte del 1 novembre 2007, il giallo di Perugia è risolto. Almeno per la giustizia italiana, Amanda Knox e Raffaele Sollecito hanno aiutato l'ivoriano Rudy Guede - già in carcere - ad uccidere Meredith Kercher. L'ex studentessa americana è stata condannata a 28 anni e sei mesi di carcere, l'ingegnere pugliese a 25, con il divieto di espatrio e il ritiro del passaporto. Accolte in pieno dunque, in pratica, le richieste dell'accusa (30 e 26 anni di reclusione): la differenza di pena è determinata solo dalla condanna Ad Amanda per calunnia contro Patrick Lumumba, il musicista che aveva accusato ma poi risultato estraneo all'indagine. Cancellata dunque l'assoluzione in secondo grado: per Amanda e Raffaele ricomincia il calvario.

Ci sono voluti quattro processi, varie sentenze ribaltate, una lunga serie di interrogatori, perizie e controperizie: il verdetto è arrivato alle 21,55 di ieri, mentre all'esterno del Palazzo di Giustizia di Firenze diluviava.
Iniziata alle 10,15, la camera di consiglio è durata più del previsto, oltre 11 ore: evidentemente non c'era accordo neppure tra i 12 giudici. Sentenza attesa per le 17, poi si sono susseguiti vari annunci di slittamento. Un'attesa davvero spasmodica ma quando il presidente della Corte d'Assise d'appello del tribunale toscano, Alessandro Nencini, è rientrato in aula per leggere il dispositivo ha trovato ad attenderlo uno stuolo di giornalisti, avvocati e di gente comune. Non c'erano invece loro. Né Amanda - rimasta negli Usa per tutto il processo - né, a sorpresa, Raffaele.

Accompagnato dal padre Francesco, il giovane ingegnere pugliese era stato tra i primi a presentarsi ieri mattina. Elegante nel suo cappotto blu e maglioncino viola, Raffaele era sembrato abbastanza tranquillo, quasi baldanzoso. Poi però in tribunale non si è più visto: è tornato in albergo, a pochi passi dal Palazzo di Giustizia, ma non si è ripresentato in aula al momento della lettura della sentenza come aveva assicurato anche in mattinata.
Amanda Knox invece non ha mai messo piede in Toscana. Ha atteso la sentenza a Seattle, sempre on line ma anche «attaccata» al telefono coi propri avvocati. Anche ieri, prima del verdetto, i legali hanno chiesto in aula che venisse assolta per mancanza di prove. Raccontando di una Knox agitatissima e tutt'altro che intenzionata a tornare in Italia, sempre vista come un Paese ostile, come ha spiegato ieri in un'intervista al New York Times in cui ha ribadito per l'ennesima volta di essere diversa da come è stata dipinta.

In giornata sono sbarcati a Firenze i familiari di Meredith Kercher che dopo la sentenza hanno commentato: «Non festeggiamo». La sorella Stephanie aveva anticipato come la famiglia fosse pronta ad accettare qualsiasi decisione, pur ritenendo «irricevibile» una lettera scritta da Amanda, ovviamente prima di venire a conoscenza del verdetto che lei ha seguito in tribunale. Amanda non avrebbe tradito emozioni durante la lettura delle sentenza, ma più tardi alla Abc ha detto di «essere rattristata e spaventata da un verdetto ingiusto». «Solo un passaggio doloroso», ha commentato il suo avvocato Giulia Bongiorno, preannunciando ricorso in Cassazione.

In aula a Firenze c'era anche Patrick Lumumba, il musicista coinvolto nell'indagine sull'omicidio di Meredith per le dichiarazioni di Amanda, poi risultato estraneo al delitto. Lui ha avuto parole positive per Sollecito cui in mattinata aveva stretto la mano, accusando la Knox per la sua assenza. «Scappa: se non ha fatto niente doveva essere qua. Mi aspetto che sia condannata, lei è un lupo travestito da agnello». I giudici hanno dato credito a questa tesi e a quella secondo cui il movente dell'omicidio di Amanda non fu un gioco erotico finito male. Hanno creduto che quella sera, nella casa di via della Pergola, esplosero conflitti irrisolti tra Amanda e Meredith sulla pulizia dell'appartamento.

E che Sollecito e Amanda avrebbero preso le difese di Rudy Guede aiutandolo ad uccidere Meredith.

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