Delle due, l'una. O Enrico Letta punta a completare da Palazzo Chigi la legislatura (2018), oppure si appresta ad annunciare a Bruxelles che l'Italia non rispetterà gli obbiettivi di deficit del 2014. Secondo i documenti ufficiali, quest'anno dovrebbe l'asticella si dovrebbe fermare al 2,5%; sebbene a livello europeo ci sono dubbi che nel 2013 l'indebitamento sia rimasto sotto il 3%.
Il nuovo programma di governo che il presidente del Consiglio vuole verificare con il Quirinale tra oggi e domani, infatti, presuppone due requisiti: risorse a disposizione e tempi lunghi; almeno, una legislatura. In base alle indiscrezioni, il premier conta di spiazzare il Pd di Renzi e giocare d'anticipo, rispetto alla direzione del partito del 20 febbraio prossimo che farà un esame dell'attività del governo.
Lo schema d'attacco di Palazzo Chigi, battezzato «Impegno 2014», prevede: una riduzione del cuneo fiscale, misure a sostegno dell'occupazione, sblocco dei cantieri, semplificazione normativa e digitalizzazione (soprattutto a favore delle piccole e medie imprese). Un programma di legislatura, insomma. Con uno spazio temporale diverso dai 18 mesi annunciati da Letta con il suo «discorso programmatico» in Parlamento.
Ma al di là delle diversità di programma (nel frattempo è anche cambiata la maggioranza), il problema per Letta sono le risorse finanziarie per portare a termine «Impegno 2014». Lo ricordava nei giorni scorsi Giorgio Squinzi. Con la legge di Stabilità, il governo «ci aveva promesso 10 miliardi di riduzione del cuneo fiscale, poi sono scesi a 5, è arrivato un solo miliardo», osservava il presidente della Confindustria.
C'è un solo modo per allargare il cuneo fiscale in corso d'anno: annunciare a Bruxelles che l'Italia non rispetterà gli obbiettivi di bilancio. Il presidente del Consiglio sa benissimo che quest'anno lo strumento della spending review non potrà far risparmiare le risorse necessarie destinate alla riduzione fiscale; e che svilupperà i propri benefici effetti a partire dal 2015 e per gli anni successivi.
Quindi, per quest'anno, gli spazi d'azione sono limitati. Anche perché durante un anno solare un governo può utilizzare le risorse soltanto iscritte nel bilancio dello Stato. Oppure varare provvedimenti che contengono al proprio interno le necessarie coperture finanziarie (articolo 81 della Costituzione). Può, se vuole, spendere più del previsto. Ma in tal caso, lo fa «in deficit». E per farlo è necessario concordarlo con Bruxelles. Pena la procedura per deficit eccessivo.
Insomma, o il presidente del Consiglio ha un asso nella manica, oppure le carte che vuole giocare sul tavolo di Renzi non gli consentono di vincere la posta. Attuare il programma «Impegno 2014» costa risorse che - al momento - il ministero dell'Economia ha detto non essere presenti nel bilancio dello Stato. E l'andamento delle entrate non è tale da indicare potenziali «tesoretti» da utilizzare al momento opportuno.
I tassi sono in flessione, rispetto al livello del 2013. Ma, di solito, la Ragioneria generale dello Stato (prima) e la Commissione europea (poi) non sono mai state propense ad utilizzare tali risparmi per finanziare maggiori spese; quali quelle indicate in «Impegno 2014». Stesso discorso vale per i maggiori proventi attesi dalla lotta all'evasione.
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